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 Oggetto del messaggio: Re: MUSEOGIOCANDO - Treni
MessaggioInviato: sabato 9 maggio 2020, 20:17 
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lucaregoli ha scritto:
Leggere le storie delle aziende che hanno costruito il nostro bellissimo mondo è un vero piacere!
Sono contento che questo lavoro sia gradito a qualcuno. Seguici e ne troverai molte altre. Ciao!


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 Oggetto del messaggio: Re: MUSEOGIOCANDO - Treni
MessaggioInviato: sabato 9 maggio 2020, 20:33 
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pierpaolo ha scritto:
Ho ritrovato in un cassetto alcune vecchie fotografie di un plastico che ho costruito assieme a un mio amico nel lontano 1969.
Questo sì che è un documento storico! Data l'epoca, è una realizzazione tutt'altro che disprezzabile. C'è anche la linea aerea, che invece manca in molti pseudoplastici contemporanei...


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 Oggetto del messaggio: Re: MUSEOGIOCANDO - Treni
MessaggioInviato: domenica 10 maggio 2020, 15:41 
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Riprendiamo la serie dei marchi storici del fermodellismo con due nomi francesi:

JOUEF

Il marchio Le Jouet Français viene creato da Georges Huard, un produttore di articoli per la casa che a partire dal 1944 avvia nel suo stabilimento di Champagnole, nel Jura francese, la produzione di una piccola serie di giocattoli economici di latta, fra cui automobiline e battelli.
Nel 1947 viene lanciata una automotrice di fantasia della in realtà mai realizzata ferrovia Transahariana. Questa prima riproduzione a soggetto ferroviario, la “Alger-Tombouctou”, di latta litografata con movimento ad elastico, non è gran cosa, ma ha il pregio di essere a scartamento H0 (scala 1:87) quando ancora la maggior parte dei produttori è fedele al più grande (32 mm) scartamento 0.
Verso il 1950 il marchio diventa Jouef, e due anni più tardi propone già un assortimento comprendente binari in lamierino, una minuscola locomotiva con motore ad orologeria detta Diabolic (riproduzione ultrasemplificata delle grandi vaporiere carenate degli anni Trenta) e un paio di vetture a due assi, mentre anche l’automotrice Transsaharien monta un motore a molla.
Nel 1953 arrivano le prime carrozze a carrelli, ma la grande novità viene presentata l’anno successivo: si tratta di una serie di quattro carri merce realizzati in termoplastica che anticipano l’avvento della prima ferrovia elettrica modello Jouef, con una riproduzione del locomotore BB 9003 della SNCF, lanciata nel 1955 e subito rimpiazzata dalla 9004, che il 29 marzo di quello stesso anno stabilisce il record mondiale di velocità su rotaia a 331 km/h.
Queste prime realizzazioni dispongono di un carrello motorizzato con un voluminoso propulsore detto “salsicciotto”. Il sistema di alimentazione a 6 volt consiste in una scatola portapile travestita da posto di blocco e un regolatore di tensione. Le due rotaie di latta sono ancorate a traversine in plastica.
Nel 1956 viene offerta la confezione Sud Express, decorata con un bel disegno di René Letourneur, che ottiene un notevole successo commerciale, imponendosi come primo esempio in Francia di ferrovia elettrica modello di prezzo contenuto. Sempre nel ’56 arriva la locotender a due assi n°708, chein versione a molla o elettrica verrà prodotta nei successivi 40 anni in più di due milioni di esemplari.
Col passare degli anni l’assortimento cresce e le riproduzioni diventano più fedeli, e anche se il funzionamento non è sempre ineccepibile i trenini Jouef diventano assai popolari, affermandosi in Francia come sinonimi di ferrovia giocattolo e rappresentando per una generazione di appassionati il primo passo verso il fermodellismo più evoluto. Sul finire degli anni Sessanta Jouef lancia anche delle piste elettriche per automodelli che rivaleggiano con le britanniche Scalextric, ma i conti dell’azienda vanno in rosso, e nel 1972 il marchio entra a far parte di un gruppo francese che comprende già la Delacoste (palloni e giocattoli per la prima infanzia), Solido (automodelli) ed Heller (kit in plastica).
Più debolezze non fanno però una forza, e nel maggio 1981 il gruppo viene messo in liquidazione e smembrato: Majorette acquista la Solido, Vullierme la Delacoste, Borden la Heller. Jouef diventa proprietà di una filiale del gruppo CEJI (Compagnie Générale du Jouet), la Joustra (Jouet de Strasbourg) che all’epoca fabbrica soprattutto giocattoli radiocomandati.
Oltre a produrre i propri articoli, Jouef inizia in questo periodo ad importare in Francia i kit in metallo bianco della Britannica Keyser, la cui gamma comprende diversi modelli francesi fra cui una automotrice Renault VH, le locomotive a vapore 141 TC e 230 G ex PO e le elettriche BB 16500 e 2D2 5500 Waterman. Queste ultime riceveranno un telaio motorizzato di fabbricazione Jouef.
Le vendite, però, non decollano e la concorrenza dei nuovi intrattenimenti elettronici si fa sempre più incalzante, fino a costringere nel 1986 il gruppo CEJI a portare I libri in tribunale. Il marchio Jouef passa allora sotto il controllo di alcuni imprenditori indipendenti, fra i quali Jacques Barret, che adotta una politica di diversificazione delle attività lanciando una serie di vetture radiocomandate e una linea di automodelli in scala 1/18 ed 1/43. Fra questi ultimi sono degni di nota gli Joeuf Evolution (tutti apribili, con un buon dettaglio degli interni, soprattutto nella zona motore-sospensioni) come la Ford GT40 e le Ferrari P4 spyder e 288 GTO.
L’attività principale della Jouef rimane comunque quella delle ferrovie in miniatura, che tuttavia - specialmente nel segmento più economico - non vanno più di moda, mentre i suoi automodelli, sebbene più raffinati rispetto alla media e commercializzati a prezzi competitivi, stentano ad affermarsi in un comparto sempre più affollato di agguerriti concorrenti. Il risultato è una ennesima bancarotta, alla fine del 1995, che l’anno successivo porta il marchio Jouef in casa Rivarossi, accanto a Lima (acquisita nel 1992), Arnold (rilevata nel ’95) e Pocher (fin dal ’68 di proprietà della azienda di Como).
Per alcuni anni, la Rivarossi mantiene attiva la produzione dei marchi controllati, ma dopo il ritiro, nel 2000, del presidente Giorgio Dalla Costa, cambia tutto: con una curiosa alchimia finanziaria viene costituita la Lima SpA con sede a Brescia, e la Rivarossi diventa ora una divisione della ditta che otto anni prima aveva acquisito. La nuova proprietà concentra l’intera produzione del gruppo nello stabilimento Lima di Isola Vicentina, chiudendo le fabbriche site a Sagnino di Como (Rivarossi), Muhlhausen (Arnold) e Champagnole (Jouef). In conseguenza di tale infausto provvedimento, gli stampi e le attrezzature dello storico impianto fondato da Georges Huard prendono prima la via per Isola Vicentina e vengono poi trasferiti in paesi dell’est europeo. Jouef diviene niente più che un marchio commerciale e la Francia si ritrova così orfana di produttori industriali di ferrovie modello.
Alcuni vecchi articoli Jouef vengono commercializzati con marchio Lima o Rivarossi, ma il management della nuova società, che nel 2001 assume la denominazione Idee Commerciali II, appare assai più interessato all’aspetto finanziario che a quello produttivo, così che dopo alcuni anni di convulse vicissitudini gestionali e nonostante un tentativo di salvataggio in extremis da parte di una cordata d'imprenditori vicentini, sostenuta anche da ex dirigenti e dipendenti della Lima e della Rivarossi, nel settembre 2004 il gruppo cessa ogni attività.
I marchi Rivarossi, Lima, Jouef, Arnold e Pocher, nonché i preziosi stampi (anche se forse non proprio tutti) passano quindi, per soli otto milioni di euro, alla britannica Hornby, che taglia drasticamente l’assortimento e delocalizza in Cina la restante produzione.
La distribuzione in Francia delle riedizioni di materiale francese del gruppo Lima, assemblato in Cina ma nuovamente marcato Jouef, viene affidata alla società Mkd, fondata nel 1982 da Olivier Lanfer, Martine Lanter e Alain Pras, che assume la denominazione Hornby France.
Conosciuta per la sua vasta gamma di accessori ferroviari di stile francese in scala H0, la Mkd ((Modèles Kits Diffusion) aveva curato l’importazione in Francia dei prodotti Lima, Hornby, Rivarossi, Scalextric, Kato, LGB, Preiser e Busch.
Tra i modelli Jouef distribuiti in Francia dopo il 2006 ritroviamo, oltre ad una serie di carri e carrozze, la locomotiva a vapore 141 P, i locomotori elettrici CC 6500, BB 26000 e BB 36000, i diesel BB 66000/66400 e CC 72000, nonché l’automotrice X 3800 Picasso e il locotrattore C 61000.
A questi si sono aggiunti negli ultimi anni dei modelli interamente nuovi, fra cui le automotrici X 73500, X 72500 e Z24500, i locomotori 2D2 5400 e 2D2 5500 e le locomotive 141 R e 030 TU.


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 Oggetto del messaggio: Re: MUSEOGIOCANDO - Treni
MessaggioInviato: domenica 10 maggio 2020, 15:50 
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JOUSTRA

Una delle marche più prolifiche del mondo del giocattolo è la francese Joustra; fondata nel 1934 e ancora oggi in attività, anche se ormai orientata principalmente sulla prima infanzia, l’azienda ha sfornato nel corso di molti decenni una quantità considerevole di esemplari producendo un po’ di tutto: dalle auto agli aerei, dai treni alle navi, dalle macchine da cantiere agli automi, utilizzando fino a tutti gli anni Cinquanta soprattutto la latta, e successivamente la plastica. I suoi giocattoli più interessanti sotto il profilo collezionistico sono quelli dotati di motori ad orologeria, a frizione o elettrici.
La Joustra nasce a Strasburgo nel 1934 per iniziativa dei fratelli Paul e André Kosman: il nome della Casa significa «Jouet de Strasbourg». I primi giocattoli escono nell'anteguerra, e fra questi si segnala una bellissima (per l'epoca) riproduzione a scartamento 0, con motore ad orologeria, del convoglio diesel aerodinamico americano Zephyr. Il boom verrà però negli anni ‘50 e ‘60, toccando l’apice intorno al 1965, quando l’azienda alsaziana diventa il maggior produttore europeo del settore.
In particolare, la Joustra punta sulle riproduzioni di veicoli: nei suoi cataloghi si possono trovare vetture da turismo, auto da corsa, camion, furgoni, autobus, veicoli dei pompieri, della polizia e militari, trattori agricoli, macchine stradali e se vogliamo continuare la lista ecco pure ambulanze, autogru, motociclette e persino dei go-kart. C’è veramente di tutto nel curriculum di questa Casa, che più eclettica di così non poteva essere.
Sempre per quanto riguarda le auto, tra i giocattoli più vecchi ci sono una vettura tipo Rosengart e un furgoncino. Nel 1946 la Casa francese lancia una grossa novità chiamata Auto Miracle 2002, che ottiene un notevole successo: è una automobile di 16 centimetri provvista di vari meccanismi con carica a molla. Dal modello base derivano numerose varianti. Sotto l’influsso dello stile americano del tempo la Joustra propone poi alcune auto che si ispirano a Studebaker, Ford e Cadillac. Non mancano (siamo negli anni 50) anche vetture europee come Jaguar, Porsche, Mercedes, Austin Healey.
I giocattoli più pregevoli sotto l’aspetto della fedeltà modellistica si hanno negli anni Sessanta, quando la Joustra inizia il filone francese con esemplari di grandi dimensioni che riproducono le più popolari auto del momento: dalla Citroen ID 19 alla Peugeot 404, dalla Simca 1000 alla Renault Floride, dalle Renault 4 e 8 alla Citroen Ami. Ma la Joustra guarda anche all’estero: ecco dunque una Fiat Dino, una BMW 633, una Mercedes 190, una Porsche 928 e non mancherà perfino una Ferrari F 40.
Il reparto auto da competizione e prototipi annovera agli inizi alcuni modelli qualitativamente non esaltanti, come una Mercedes che arieggia la W 196 e una anonima vettura da record. Decisamente migliori sono la Mercedes C 111, le Ferrari 512 e Daytona, la Alpine 310, la Lancia Stratos, l'Alfa Romeo Navajo, le Porsche 912, 959, Carrera, 917 e 962.
Anche la Formula 1 e Indianapolis ricorrono nei cataloghi Joustra con alcune mediocri riproduzioni. Passando al regno dei trasporti, già agli inizi degli anni Cinquanta abbiamo alcuni maxigiocattoli come i furgoni recanti le scritte Mondlal Transport e Transport Internationaux, nonché uno studio mobile TV. E non sono gli unici perché autocarri con allestimenti diversi appaiono ancora negli anni Ottanta. Ci sono poi alcuni bus di varie misure, un gruppo di veicoli dei pompieri, trattori agricoli e macchine da cantiere con ingegnosi meccanismi.
Quanto ai mezzi militari, la Joustra esordisce nell'anteguerra con un grosso tank piuttosto antiquato e una Automitrailleuse. Prosegue negli anni ‘50 con il carro armato Tchad e un autocarro che traina un cannone. Altri tank e una jeep seguiranno negli anni successivi.
Da segnalare anche un garage, un'auto buffa denominata Bimbo, con un clown al volante e un gioco chiamato Stock Car, dove tre automobiline in latta gareggiano spinte da pulsanti piazzati su una tribuna.
Come abbiamo già sottolineato, il periodo d’oro della Joustra è quello dei due decenni successivi alla seconda guerra mondiale. Già nella seconda metà degli anni Sessanta inizia un lento declino, che si accentua dopo la cessione dell’azienda, da parte degli eredi dei fondatori, alla Compagnie Financière Edmond de Rothschild, nel 1969. La nuova proprietà raggruppa la Joustra con altri marchi nella Compagnie Générale du Jouet (CEJI, da non confondere con la CIJ, Compagnie Industrielle du Jouet, quella dei Jouets Citroen), un conglomerato di cui fanno già parte la J.E.U. (Jouets Éducatifs Universels) e la Interlude (giochi di società) e che successivamente incorporerà anche marchi minori come la Clodrey (bambole), la Arbois (soldatini), la Lang-Fadap (peluche), nonché, nel 1981, la Jouef (modellismo ferroviario) e la Revell. Sì, anche la un tempo potentissima Revell passa sotto il controllo della CEJI, ma per poco, perché l’insieme di molte debolezze non fa la forza, e la Compagnie Générale du Jouet fallisce nel 1985.
Dopo il tracollo della CEJI, la Joustra, la cui intera produzione è stata trasferita nel 1983 nel comune alsaziano di Illkirch-Graffenstaden, riacquista la propria autonomia e si riorganizza, indirizzando principalmente l’attività verso i giochi educativi. Passata successivamente attraverso nuovi riassetti societari, la Joustra produce oggi un vasto assortimento di articoli pedagogici, materiale per le arti figurative, giocattoli scientifici e per la prima infanzia..


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 Oggetto del messaggio: Re: MUSEOGIOCANDO - Treni
MessaggioInviato: lunedì 11 maggio 2020, 17:08 
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Fa quasi tenerezza...

Ecco la copertina di una "GUIDA-ORARIO" del 15 maggio 1860 contenente gli orari "di tutte le strade ferrate italiane e di piroscafi, diligenze, velociferi ecc." Costava 35 centesimi.


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 Oggetto del messaggio: Re: MUSEOGIOCANDO - Treni
MessaggioInviato: lunedì 11 maggio 2020, 21:42 
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Ecco la storia di un marchio tedesco poco noto:

KBN - BUB


Nel gotha del collezionismo esistono alcuni nomi mitici che hanno fatto la storia del giocattolo e in questo campo la Germania è la nazione che ha dato il più forte contributo. Accanto a marchi come Bing, Carette, Gunthermann, Hess, Lehmann e Marklin, per arrivare poi a Arnold, CKO, Distler, G & K, JNF, Orobr, merita certamente un posto anche Bub.
Le origini dell’azienda fondata a Norimberga da Karl Bub risalgono al 1851, ma la storia dei suoi primi anni è piuttosto nebulosa e difficile da ricostruire. Di sicuro si sa che nello stabilimento situato in Gostendorfer Hauptstrasse al n.48 si costruiscono fin dagli inizi varie tipologie di giocattoli di latta (dapprima colorati a mano mediante smalti, in seguito mediante litografia), riproducenti anche mezzi di trasporto.
La definitiva affermazione del marchio KBN (Karl Bub Nurenberg, ma sono stati usati anche la sigla KB ed un piccolo marchio costituito da un mulino a vento con le tre lettere) avviene a partire dagli anni ’20 del Novecento, quando nello stabilimento, divenuto nel frattempo uno dei maggiori della Germania, si producono molti giocattoli meccanici - soprattutto modelli di auto, treni, aerei e battelli – sovente in joint ventures con altri fabbricanti.
Nel periodo fra le due guerre mondiali la Bub è uno dei principali fornitori di F.A.O. Schwarz, il celebre negozio di New York che li distribuisce in tutti gli Stati Uniti. I giocattoli prodotti dalla Bub sono in genere meno complessi e raffinati dei contemporanei Marklin, Gunthermann o Bing, e tuttavia non mancano di fascino ed originalità. Si segnalano in particolare alcuni modelli di automobile in lamierino litografato con meccanismo ad orologeria: limousine, coupé, torpedo e anche autocarri, tutti di notevole qualità, provvisti in molti casi di sterzo operante, sportelli apribili e anche di fari elettrici, funzionanti a batteria.
Rispetto ad altri pionieri del settore, quali Marklin, Bing o Carette, Bub entra con un certo ritardo nel settore del modellismo ferroviario: solo nel 1903 presenta infatti il suo primo trenino a molla che corre sul pavimento, nel 1905 il primo dotato di binari, e nel 1912 il primo trenino elettrico. Bub non costruisce mai locomotive a vapore vivo. In compenso è una delle prime ditte al mondo ad utilizzare la pressofusione per forgiare i propri modellini.
Realizzati in scartamento 1 e 0 (45 e 32 mm) nel tipico Nürenberger Stil, i treni giocattolo Bub hanno locomotive a vapore di rodiggio 0-2-0 e 2-2-0, mentre le vetture passeggeri e i carri merci sono generalmente a due assi.
Alla morte di Karl Bub, Albert Huck (che aveva sposato la di lui figlia Emma), assume la gestione di KBN sviluppando con Bing, Issmayer e Carette una partnership che permette alle quattro aziende tedesche di mettere in comune diverse parti, realizzando notevoli economie di scala. Altri accordi commerciali vengono stipulati con fornitori esterni di accessori come Kindler & Briel (la futura Kibri) di Böblingen e Carl Bochmann (Cabo) di Dresda.
Nel 1917 la Bub rileva molti disegni e attrezzature della Carette e nel 1932 incorporerà anche buona parte del tooling di Bing, le sue filiere e la sua organizzazione di vendita. Per questo è difficile in taluni casi stabilire con certezza quali giocattoli sono opera completamente della Bub e quali derivano invece da progetti e stampi delle altre due marche.
Fin dai primi anni ‘20, Bub mette in catalogo modelli di treni britannici nelle livree LNER (London and North Eastern Railway) e GWR (Great Western Railway), funzionanti sia a molla che con la corrente. Negli anni ’30, per mantenere la forte presenza acquisita in precedenza dai prodotti Bing sul mercato del Regno Unito, più rilevante di quello americano ormai dominato dalle imprese locali, e per ovviare alle conseguenze della crescita delle tasse d'importazione in Gran Bretagna, Bub apre uno stabilimento ad Aylesbury per produrre giocattoli col marchio KB-Toy.
Durante gli anni della depressione seguita al crollo di Wall Street del 1929, Bub riesce a sopravvivere mantenendo bassi i costi di produzione grazie all’impiego di lamierino molto sottile, senza peraltro pregiudicare la qualità dei suoi giocattoli meccanici, alla cui progettazione si dedica con successo il figlio di Albert ed Emma, Heinz Huck, entrato fin da giovanissimo nell'impresa di famiglia.
Nel 1938, alla morte del padre, Heinz assume la direzione degli stabilimenti, che pochi anni dopo finiscono completamente distrutti dai bombardamenti aerei. Nel dopoguerra la produzione, mantenutasi fedele allo schema della latta litografata, riprende con difficoltà: vengono costruiti giocattoli di qualità piuttosto scadente, sempre più incalzati dalla concorrenza della plastica giapponese.
Nella seconda metà degli anni ’40 viene lanciata una linea di ferrovie modello in scala 1/64 (scartamento 22,5 mm) che però non riesce ad essere competitiva rispetto alla sempre più diffusa H0 e si risolve in un fiasco commerciale. Un ultimo tentativo di produrre treni elettrici in scala H0 ed N dotati di un inedito motore disegnato da Heinz Huck viene avviato nel 1964, ma due anni dopo l’azienda è costretta a chiudere i battenti.


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MessaggioInviato: martedì 12 maggio 2020, 22:42 
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Proseguendo in ordine alfabetico, ecco un marchio che in campo propriamente ferroviario ha prodotto solo dei penny toys, ma non per questo può essere ignorato:

KELLERMANN - CKO

Negli anni ’60, nonostante la pubblicità negativa sulla presunta mancanza di sicurezza dei giocattoli in lamiera, uno dei costruttori tedeschi che non cede alle lusinghe della plastica è Kellermann, più noto grazie al marchio CKO. Dal 1910, anno in cui George Kellermann fonda a Norimberga la propria ditta di giocattoli, al 1979, anno in cui il nipote sarà costretto a chiuderla, sempre e soltanto lamierino è passato attraverso gli stampi della CKO. Il marchio viene depositato nel 1920, ma solo nel 1922 fa la sua comparsa la prima automobilina di latta.
Nato nel 1881, Georg Kellermann trascorre i primi anni della sua attività lavorativa presso la ditta Karl Bub, dove viene assunto come apprendista. Dopo aver maturato una grande esperienza nella fabbricazione dei giocattoli di latta, grazie alla sue notevoli capacità tecniche diventa dapprima caporeparto, e responsabile dell'officina di produzione.
Addestra molti operai, tra i quali quel Johann Einfalt che nel 1922 fonderà col fratello Georg la GEN Gebrüder Einfalt Nürnberg, più nota col marchio Technofix.
La fama di Kellermann è tale che viene conteso da numerose industrie locali, e non sa rinunciare alle lusinghe di Johann Distler che, dapprima lo assume come capotecnico, e poi lo promuove direttore di produzione.
Finalmente, nel 1910, sentendosi ormai pronto per il grande passo, Kellermann apre un'attività in proprio fondando la Kellermann & Co con sede a Norimberga al numero 40 di Austrasse e in questo modo riesce a dar sfogo alla sua geniale inventiva.
Inizia costruendo dei Pennytoys, ovvero quei piccoli e semplici giocattoli di poco costo ottenuti stampando e ritagliando fogli di latta litografata; poi si dedica alla fabbricazione di modelli più complessi come trenini ed automobili, sempre però privi di qualsiasi tipo di motorizzazione. Il successo è comunque immediato, e già nel 1914 Georg deve trovare una sede più ampia, in Bauerngasse n.33.
Gran parte della produzione di questo periodo viene esportata nei ricchi mercati dell'Inghilterra e degli USA, e questo determina il successo della Kellermann che nuovamente, nel 1926, è costretta a trasferirsi, questa volta definitivamente, in Hessestraße ai numeri 5 e 7.
Prima del 1920 i prodotti Kellermann non hanno alcun tipo di marchio. Solo dopo tale data si sente l'esigenza di imprimere un logo per contraddistinguerli, e pertanto ne viene utilizzato uno con la scritta CKO inserita in un quadrato, che rimane in uso fino al 1930.
In questo periodo la ditta affianca alla precedente produzione di articoli a buon mercato senza pretese, che vengono venduti dagli ambulanti per strada o nelle fiere, una nuova fabbricazione di giocattoli più sofisticati, azionati da meccanismi a molla, da vendersi nei negozi e nei grandi magazzini come Karstadt o Hertie. Nel 1935 si aggiungono i primi treni con movimento ad orologeria, che riscuotono un immediato successo.
Nel 1929 entra in azienda il figlio di Georg, l'ingegnere meccanico Wilhelm Kellermann, che assume il ruolo di direttore della produzione fino alla morte del padre, avvenuta nel 1931; dopo tale data diventa presidente del consiglio d'amministrazione della CKO ed unico proprietario nel 1935.
Sotto la competente guida di Wilhelm la ditta raggiunge il massimo fulgore, ed il numero di dipendenti supera il centinaio. Per tutti gli anni Trenta le auto in miniatura costituiscono soltanto un complemento di una linea di giocattoli per lo più costituita da trenini e altri giochi meccanici. Nel 1938, in contemporanea alla vera Auto del popolo, appare tuttavia una interessante Volkswagen il cui tetto può ruotare su se stesso lungo un perno longitudinale, trasformando istantaneamente la berlina in una cabriolet. Verrà costruita anche per diversi anni nel dopoguerra.
Con l’avvento del nazismo, le aziende appartenenti a imprenditori di origine ebraica vengono espropriate e i proprietari invisi al regime sono imprigionati, uccisi o costretti a fuggire all'estero. Successivamente, durante la seconda guerra mondiale (1939 – 1945) molte industrie di giocattoli sono costrette a cambiare le loro lavorazioni, mentre altre chiudono e scompaiono definitivamente.
Anche la Kellermann deve adattarsi alla nuova situazione: la fabbricazione di giocattoli viene sospesa e riconvertita nella produzione di armamenti. Durante il periodo bellico le infrastrutture vengono pesantemente danneggiate dai bombardamenti, e le giacenze di giocattoli, di stampi e di attrezzi, sono saccheggiate.
Alla fine del conflitto, Norimberga si trova nella zona di territorio tedesco occupato dagli americani, perciò è possibile riprendere, seppur lentamente, la produzione partendo letteralmente da zero. Gli ostacoli principali da superare sono nella scarsezza di materie prime, di prototipi e del tooling necessario. Inoltre, per ottenere il marchio Made in US Zone Germany, si deve sottostare alle pesanti normative imposte dai vincitori.
La produzione di giocattoli riprende fin dal 1945, ma solo per l’esportazione, almeno all’inizio. Tuttavia, come già era successo dopo la prima guerra mondiale, la fama acquisita dai giocattoli di Norinberga facilita il rilancio delle imprese locali, e tra queste anche della CKO, che nel frattempo ha avviato la produzione di copie dei propri giocattoli prebellici.
Fino alla metà degli anni ‘50 Kellermann continua ad usare la latta litografata, per passare poi alla latta verniciata. Nel 1958 arriva in azienda il figlio di Wilhelm, Helmuth Kellermann, che fa del suo meglio per opporsi alla travolgente invasione dei giocattoli giapponesi venduti a buon mercato.
Nel 1961 la CKO lancia la serie Rollo, una singolare collezione di auto e autocarri giocattolo in scala 1:36 circa, rigorosamente realizzata in lamierino, con ruote gommate, motore a frizione (taluni modelli vengono proposti anche con motorino elettrico a pile) e parti cromate. Alcuni hanno i finestrini realizzati con una sottile bandella di lamiera cromata e soltanto gli ultimi modelli della serie beneficiano di parabrezza in plastica trasparente.
Della serie Rollo fanno parte una trentina d'auto (ivi comprese un paio da corsa e le varianti Taxi, Polizia, Postali), una mezza dozzina di furgoncini Volkswagen, due autobus (un Mercedes e un Bussìng), diversi veicoli industriali Mercedes in varie versioni nonché gru, trattori e carrelli sollevatori. Completano la collezione un distributore di benzina e un box auto per due modelli.
Verso la fine degli anni '60 si verifica un rapido cambio dei gusti della clientela. I bambini sono attratti da giocattoli in plastica sempre più perfezionati, mentre i collezionisti si orientano verso i modelli pressofusi in scala 1/43, e arricciano il naso davanti alle ingenue Rollo, fuori scala e con dentro (orrore!) un motore a frizione. Anche la diffusione della moquette nelle case rappresenta un ostacolo alle vendite: la carica dei motorini a frizione delle CKO viene infatti inesorabilmente smorzata dai pavimenti tappezzati e quindi non offre alcun divertimento.
Helmuth Kellerman si ostina tuttavia a rimanere fedele ai giocattoli di latta, e questa ostinazione si dimostrerà fatale: negli anni ‘70 le vendite calano drammaticamente e, nonostante i vari artifizi messi in atto, nel 1979 la CKO esce di scena. Inutile dire che i modelli Rollo sono oggi apprezzati più di ieri, proprio da quei bambini di ieri che non sono mai cresciuti...
Il loro buon ricordo è tale che negli anni Ottanta la cecoslovacca Kovap comincia a riproporne delle repliche utilizzando gli stampi originali, partendo dall'autobus Bussing, dal furgoncino Volkswagen modello 1968, dalla Mercedes 350 SL cabriolet e dalla Caravan. Rispetto ai veri CKO vi sono alcune semplificazioni: scompare il motorino a frizione e i cerchioni delle ruote sono in zamac pressofuso anziché di lamiera, mentre si assiste anche a qualche lavorazione in meno, per esempio nella mascherina della Mercedes 350 SL, che si presenta assolutamente piatta invece che lavorata a rilievo come sull’originale. Sul fondino appare la scritta CKO Replica.


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Questa è l'antesignana delle note "Littorine"

Automotrice a benzina, di derivazione automobilistica, Alb 25 FS.

Il prototipo faceva servizio tra la cittadina di Cerignola e la sua stazione, Cerignola Campagna. Modello in metallo. I passeggeri e il telone proteggi bagagli sono stati applicati dal proprietario, il Maestro Aldo Festola, purtroppo scomparso.

Produttore ART MODEL. Metà anni Sessanta.


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 Oggetto del messaggio: Re: MUSEOGIOCANDO - Treni
MessaggioInviato: mercoledì 13 maggio 2020, 20:27 
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pierpaolo ha scritto:
Automotrice a benzina, di derivazione automobilistica, Alb 25 FS.
Molto, molto interessante!


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 Oggetto del messaggio: Re: MUSEOGIOCANDO - Treni
MessaggioInviato: mercoledì 13 maggio 2020, 21:05 
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Ultimo arrivo a Museogiocando: finalmente assemblato il kit DJH di una Garrat Class GCA delle South African Railways.


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 Oggetto del messaggio: Re: MUSEOGIOCANDO - Treni
MessaggioInviato: giovedì 14 maggio 2020, 9:21 
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ARTMODEL della metà degli anni 60? sei sicuro?


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 Oggetto del messaggio: Re: MUSEOGIOCANDO - Treni
MessaggioInviato: giovedì 14 maggio 2020, 10:29 
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nanniag ha scritto:
ARTMODEL della metà degli anni 60? sei sicuro?


Buongiorno nanniag.

Quando ho fatto le foto al modello, questa era la marca che appariva sul telaio.
Potrei sbagliarmi sugli anni Sessanta, forse era del Settanta, ma non sulla marca.

Cari saluti. P.


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 Oggetto del messaggio: Re: MUSEOGIOCANDO - Treni
MessaggioInviato: giovedì 14 maggio 2020, 20:22 
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Proseguendo con le storie dei marchi, eccone una che con il suo sistema ferroviario conta su una vastissima platea di appassionati:

LEGO

Il nome Lego (dal danese “leg godt”, gioca bene) nasce nel 1934 a Billund, nella regione dello Jutland, due anni dopo che il fondatore, Ole Kirk Kristiansen, inizia a realizzare dei giocattoli in legno dipinti a mano, il primo dei quali è un semplice jo-jo.
Nel 1947 arrivano i primi prodotti in plastica e fra di essi, nel 1950, i mattoncini colorati a collegamento automatico (automatic binding bricks, come sono stati chiamati all'ufficio brevetti) che daranno vita ad un impero. Ben presto la gamma Lego conta 200 diverse referenze, fra le quali diversi automodelli, realizzati con materiali eterogenei: alcuni autocarri hanno cabine in legno e cassoni di plastica o viceversa. ln questi veicoli è possibile individuare qualcosa di realistico: abbiamo fra gli altri un bellissimo trattore tipo Fordson con attrezzi, un Unimog con rimorchio, un autocarro Mercedes, un furgone VW e una Chevrolet Bel Air modello 1955, segno inequivocabile che la produzione in legno si affianca ancora per qualche tempo ai mattoncini modulari.
Sono del 1952 invece i primi modelli interamente in plastica, abbastanza fedeli all'originale: si tratta di un furgone e di alcuni autocarri Chevrolet. La scala si aggira attorno all'1/40 e tutti (ad eccezione del furgone) hanno lo sterzo comandato dal triangolino che fuoriesce dal tetto della cabina. Non riscuotono il successo che meriterebbero, forse perché più costosi dei coevi Tekno, che sono più robusti e con colori più brillanti.
Nel 1960, dopo un incendio devastante, viene definitivamente interrotta la produzione di giocattoli in legno, ma ormai con i mattoncini Lego è possibile costruire qualsiasi cosa, anche intere città, e infatti nel frattempo (1954) sono arrivate le prime automobiline Lego in piccola scala per corredarle degnamente: una Volkswagen con lunotto ovale, seguita da un pulmino e un furgone, sempre Volkswagen. Sono privi di finestrini e hanno assi e ruote di metallo (caratteristica che rimarrà su tutti i successivi micromodelli Lego).
All’inizio, la scala prescelta è 1/80 circa, ma, quando nel 1955 esce l'autocarro Bedford, esso viene realizzato nella scala 1/87, adatta ai plastici dei trenini a scartamento H0 (16 mm). Il Bedford è molto accurato ed ha i finestrini trasparenti. Nel 1960 compare, in questa scala, un nuovo Maggiolino, questa volta con lunotto rettangolare. Può essere venduto in una scatolina-garage con portoncino scorrevole, adattabile al sistema di costruzioni Lego. Tutte le auto Lego, in seguito, hanno il numero di catalogo che inizia con 6 se vendute col garage, con 2 senza. Questa serie di modelli viene prodotta fino al 1968 e si amplia fino a contare 12 vetture, fra cui la Fiat 1800, la Citroén DS, l'Opel Rekord e la Ford Taunus 17M, più tre furgoncini (tutti Volkswagen), sei autocarri Bedford sostituiti, a partire dal 1964, da altrettanti autocarri Mercedes-Benz, anche in versione autoarticolato e autocisterna.
Caratteristici delle prime auto sono i fari realizzali con chiodini di plastica trasparente (che spesso, inevitabilmente, sono andati persi), mentre è da rimarcare sulla VW Karmann Ghia l'incisione della scritta sul cofano posteriore, realizzata con estrema finezza. Lo stampo del Maggiolino viene completamente (e inspiegabilmente) rifatto nel 1964, col risultato di avere un modello peggiore del precedente, che era invece molto fedele. Sempre a proposito di Volkswagen, nel 1958 viene realizzato uno stupendo Maggiolino in scala 1/35: ha vetri, carrozzeria in plastica verniciata (in 8 tonalità diverse fedeli ai colori originali della vettura), fondino di metallo e ruote cromate con pneumatico in similgomma. Deve forse inaugurare una nuova serie di modelli, ma non avrà seguito e molto presto sparisce dai cataloghi.
Nel 1966, debutta la prima ferrovia elettrica, ideale complemento per i diorami. Nel 1967 è la volta della linea Duplo, dedicata ai più piccoli e che si distingue per i mattoncini di dimensioni maggiori. Nel 1968, apre i battenti il parco tematico Legoland, naturalmente a Billund: è un successo colossale: nel primo anno di attività si registrano ben 625.000 visitatori.
Nel frattempo sono arrivate le prime auto di fantasia da costruire coi mattoncini, dando il via a una serie sempre più raffinata che continua ancora oggi. La gamma di veicoli su ruote si amplia progressivamente: automobili di ogni foggia e formato, camioncini, caravan, autotreni, furgoni, mentre viene progressivamente accantonata la famiglia di veicoli già montati di medio formato (corrispondente alla scala 1/32 circa) dotati anche di ruote sterzanti, comandati da un'asta con un mattoncino Lego in testa posta al centro della cabina di guida.
Queste confezioni sono pressoché introvabili oggi, come pure molto difficile è reperire i singoli veicoli: non è un problema di stato di conservazione, perché i Lego bricks sono quasi indistruttibili, ma dato dal fatto che i giocattoli Lego sono stati quasi sempre “cannibalizzati” per costruire qualcos'altro. Tra i pochi mattoncini specifici per gli autoveicoli c'è quello che funge da frontale-paraurti, con il disegno della fanaleria e della mascherina anteriore, impiegato sia sulle auto, sia sui camion, seguito dalle pale delle ruspe, dalle benne dei camion e via via in un crescendo che ha portato a sviluppare numerosi soggetti automobilistici.
Appassionati e collezionisti sono disposti a pagare cifre non indifferenti per scatole complete e mai aperte, ammesso di trovarne ancora. Per un maggiore realismo, nel 1974 vengono creati i personaggi, che trovano posto anche sulle automobiline scoperte.
Nel 1977 nasce la serie Lego Technic, che comprende in origine un kart, una berlina e veicoli movimento terra, La particolarità di queste scatole di costruzioni è la loro notevole complessità: in alcune, oltre allo sterzo ci sono il motore funzionante, con i pistoni che salgono e scendono dentro i cilindri, i sedili reclinabili e l'albero di trasmissione. Tutti i modelli della serie Technic, adatti ai bambini più grandicelli con inclinazione all’ingegneristica, hanno movimenti meccanici, giunti, ingranaggi. ecc... Tra i primi ad apparire vi sono una simil-Jeep, un quasi-Unimog e alcuni autotreni articolati con cabina avanzata o arretrata che ricordano i camion americani, ma sempre senza riprodurre alcun veicolo particolare. Negli anni ’80 arrivano un trattore molto simile a un Massey-Ferguson e un autotelaio con motore posteriore a cilindri contrapposti che si può interpretare come un telaio Volkswagen.
Dal 1978 è possibile realizzare in modo completo vere e proprie città: gli edifici (case, stazioni di servizio, caserme dei pompieri e della polizia) e gli altri elementi dell'arredo urbano, come i segnali, possono essere posizionati su plance di colore grigio che comprendono strade, incroci, passaggi pedonali. Negli ultimi tempi sono state avviate importanti collaborazioni con Ferrari e Lamborghini, che hanno portato allo sviluppo di diversi modelli su licenza, oltre a bisarche per il trasporto delle auto di Formula Uno. Ricordiamo poi la serie di miniature ispirate al film Cars, opportunamente caricaturate e perfette nei colori. Perché i bambini di oggi, al contrario di quelli di ieri, non perdonerebbero mai una svista sulla tinta dell'auto dei loro protagonisti.
Oltre che a ricreare oggetti predefiniti, i mattoncini Lego servono anche a dare sfogo alla creatività. Li si può infatti assemblare seguendo le istruzioni allegate, per poi smontarli e rimontarli ancora, nelle varie combinazioni, oppure lasciare da parte i progetti e andare in cerca di nuove combinazioni. Oggi, in un'epoca in cui i bambini hanno molti oggetti con cui giocare, e l'elettronica di consumo è un agguerrito concorrente dei giocattoli tradizionali, la Lego ha creato una evoluzione dei propri mattoncini inventando Mindstorms: una linea di prodotti che combinano elementi programmabili (veri e propri piccoli computer) con motori elettrici, sensori, ingranaggi, assi e parti pneumatiche della linea Technic, per costruire robot e altri sistemi. Automatici e interattivi. Scientificamente parlando, si è passati dall'ingegneria meccanica alla robotica e alla meccatronica. Con Mindstorms si costruiscono e si programmano veri e propri robot, per fargli fare ciò che si vuole. E con l'acquisto di un kit di mattoncini si riceve tutto ciò che serve ad assemblare e istruire una macchina unica e intelligente. Farle eseguire incarichi e diverse operazioni è compito del bambino programmatore.
L’investimento consistente di un'azienda come la Lego nel campo della robotica ha contribuito a cambiarne radicalmente l’immagine presso il pubblico. Il mattoncino che diventa computer ha allargato notevolmente la fascia d'età dei possibili consumatori, sia per le applicazioni possibili, sia per l'usabilità del prodotto da parte di principianti ed esperti programmatori. Per raggiungere questo risultato i giocattolai danesi prima si sono inventati una linea didattica: i Lego Dacta. Poi hanno coinvolto il Massachusetts Institute of Technology per lavorare su nuovi linguaggi di programmazione: Seymour Papert, docente a Boston e accanito ricercatore dei collegamenti fra mattoncini e linguaggio di programmazione Logo, è stato ribattezzato dagli studenti "professor Ricerca Apprendimento Lego".
Mindstorms si basa sul successo del Robotics Invention System, diffuso in tutto iI mondo, e diventa un kit ancora più semplice e veloce. Nel giro di un paio d'ore ti permette di costruire e programmare un robot. Tantissime possibilità e di fatto nessun limite a immaginazione e livelli di complessità.
L’implementazione del pacchetto con nuove funzioni tecniche e la commercializzazione di sensori sempre più efficienti stuzzicano la fantasia: ci si mette davanti a un computer, si pianifica nei dettagli il lavoro che vogliamo venga eseguito dal robot, cercando di prevedere possibili errori e calcolando i rischi, si danno le consegne al mattoncino, e si esegue il programma. Non precisamente un gioco da ragazzi, se pensiamo che è esattamente quanto è stato fatto, tanto per fare un esempio reale, con Spirit, Opportunity e Curiosity, i rover della Nasa spediti su Marte a esplorare il pianeta, raccogliere campioni e fare analisi.


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Un grande marchio dalla lunghissima storia:

LEHMANN

Ernst Paul Lehmann inaugura nel 1881 a Brandenburg, nella Germania nord-orientale, la fabbrica di giocattoli che ancor oggi porta il suo nome. All’epoca, quasi tutti i giocattoli sono ancora fabbricati in modo artigianale, con ritmi molto lenti. Avvalendosi dell’esperienza maturata in precedenza come produttore di contenitori in lamiera zincata, Ernst Paul fa invece installare nuovi macchinari che grazie alla sua genialità progettuale gli consentono di realizzare in numero massiccio una vasta serie di originalissimi giocattoli meccanici in accattivanti livree multicolori, un tempo molto amati dai bambini ed oggi oggetto di una caccia assidua da parte dei collezionisti di tutto il mondo, pronti a disputarseli a suon di centinaia, e spesso migliaia, di euro.
Fin dalle origini, i giocattoli della Lehmann sono costruiti in diversi pezzi di lamierino metallico tranciato a freddo, piegati e assemblati fra loro a mezzo di linguette ribattute all’interno di asole. Un procedimento apparentemente semplice, ma che richiede notevole capacità e inventiva nella cruciale fase della progettazione. In questo primo periodo il principale concorrente della fabbrica di Brandenburg è rappresentato dalla ditta francese di Ferdinand Martin, la più importante nel ramo dei giocattoli meccanici. Ingegnosi quanto quelli di Lehmann, i prodotti di Martin sono tuttavia più raffinati (i personaggi hanno vestiti di stoffa) e complessi, tanto da essere avvicinati alla categoria degli automi.
Per battere la concorrenza, Lehmann si specializza nella produzione di articoli relativamente economici, e tuttavia capaci di affascinare grandi e piccini con la complessità dei loro movimenti, rigorosamente affidati a piccoli ma robustissimi meccanismi ad orologeria. L’adeguamento ai neonati processi industriali non è comunque semplice, e solo al volgere del secolo la Lehmann è in grado di immettere sul mercato un numero considerevole di giocattoli, che fino al 1914 vengono interamente dipinti a mano. Successivamente, i diversi pezzi di latta vengono stampati con il metodo della litografia e la verniciatura riguarda solo alcuni particolari.
Di ridotte dimensioni (generalmente non più di 20 centimetri), commercializzati in scatole di cartoncino con stampato a colori sul coperchio il disegno stilizzato dell’articolo contenuto all’interno, questi deliziosi giocattoli sono quasi sempre identificati (altra particolarità della Lehmann) con curiosi nomignoli onomatopeici come Tut-Tut, Zick-Zack, Li-La, Lo-Lo, Aha, Ehe, Uhu, Peum-Paum etc, tutti molto facili da pronunciare (e da ricordare) anche per gli “utenti” più giovani.
Caratteristica peculiare sono i loro movimenti: Oh-My, del 1914, è un un ballerino nero di tip tap (che negli Stati Uniti viene ribattezzato Alabama Coon Jigger), poi c’è il clown sul carro trainato da un asino che scalcia, il postino e il facchino che spingono o tirano carretti e carriole, il mandarino nella portantina sorretta da due o tre cinesi col codino e decine e decine di fantasiosi animali, tutti di latta, ma mirabilmente realizzati. Una delle creazioni più proficue per l’impresa è lo Scarabeo, del quale vengono prodotti migliaia di esemplari. Un altro giocattolo celebre è la macchina da corsa Galop, venduta insieme al garage e funzionante in modo particolare: tirando il ricevitore di un telefono posto all’esterno le porte del garage si aprono e l’automobile, preventivamente caricata, sbuca fuori a tutta velocità (un giocattolo simile sarà prodotto nel dopoguerra dalla Schuco).
Pur restando in catalogo per periodi molto lunghi, i giocattoli vengono costantemente aggiornati per abbassarne il più possibile i costi di produzione. Ad esempio, Africa, un personaggio di colore seduto su un carretto trainato da uno struzzo, introdotto nel 1898, funziona fino al 1908 grazie a un volano a inerzia, che viene poi sostituito con un meccanismo ad orologeria.
Tutti i prodotti Lehmann sono brevettati e recano impressa la data di conseguimento del brevetto, il che ne favorisce l’esatta datazione. Fra gli articoli introdotti dalla Lehmann fra il 1897 e la fine degli anni ’20 del secolo scorso (ma rimasti in produzione almeno fino al 1935) ce ne sono alcuni che sembrano altrettante caricature di veicoli del periodo eroico della motorizzazione. Anche questi sono dotati di singolari meccanismi: una elegante signora a bordo del Li-La, strano triciclo a motore con lo chauffeur allocato posteriormente, si alza e si siede mentre il veicolo avanza e, con la mano destra, si porta un fazzoletto al viso nell’atto di asciugarsi le lacrime. In un’altra versione, la donna agita nervosamente un ombrello. Questo giocattolo, introdotto nel 1903, in inglese si chiama giustamente “anxious bride”, sposa in ansia. Il Ruppiger Junge del 1910, una specie di rudimentale vettura con i sedili vis-a-vis, procede invece a zig-zag, a causa appunto di un “ragazzaccio” che disturba il guidatore.
Tra le migliori automobili-giocattolo prodotte dalla Lehmann figurano la Berolina e la Titania, più una serie di autocarri e autobus a due piani. Non mancano meravigliosi aeroplani, come l’Irakus (1925).
Nel 1934, dopo la morte di Ernst Paul Lehmann, il timone della ditta viene preso dal cugino Johannes Richter, che manda avanti la produzione fino allo scoppio della guerra e poi, nel 1951 la riprende in un nuovo stabilimento aperto a Norimberga nel 1951. Nel dopoguerra il marchio perde molto dell’antico smalto, che subisce la concorrenza dei giocattoli in plastica con motori a batteria. Coraggiosamente, la Lehmann diversifica la produzione e nel 1968 lancia la sua ferrovia in miniatura LGB, nella grande scala 1:22,5 ma funzionante su rotaie a scartamento 1 da 45 mm. Questo sistema, adatto per le sue dimensioni ad un uso all’aperto, riscuote notevole apprezzamento, specialmente negli Stati Uniti.
Malgrado il successo della sua Garten Bahn (ferrovia da giardino) la Lehmann-LGB incontra negli anni ’90 gravi difficoltà finanziarie, per cui nel 2006 viene incorporata dalla Marklin.


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 Oggetto del messaggio: Re: MUSEOGIOCANDO - Treni
MessaggioInviato: sabato 16 maggio 2020, 21:28 
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Un marchio famosissimo, ma non per i suoi trenini:

MATCHBOX

Chi non conosce i Matchbox? Chi non ha mai giocato da bambino almeno una volta con una di quelle simpatiche macchinette di metallo, che si potevano acquistare per poche lire?
Per conoscere la loro origine occorre risalire al 1947, allorché viene fondata la Lesney Products Ltd, ditta produttrice di stampi per pressofusioni industriali. Artefici dell’impresa sono Leslie Smith e Rodney Smith, compagni di scuola e con un comune servizio nella Royal Navy durante la seconda guerra mondiale, che portano lo stesso cognome. Leslie e Rodney coniano il marchio unendo parte dei loro nomi di battesimo.
A loro si aggiunge John “Jack” Odell, un tecnico del settore die casting, e i tre danno vita ad un piccolo laboratorio ad Hackney, dove iniziano a produrre parti di una pistola giocattolo per conto di una ditta londinese, e successivamente realizzano il primo modellino: un compressore stradale basato su un Dinky Toy. A questo seguono un’auto da corsa e un carro dei pionieri.
La svolta arriva nel 1953, con la riproduzione della carrozza reale inglese, la “Coronation Coach”, così chiamata perché usata in occasione della cerimonia di incoronazione della Regina Elisabetta II, nel 1952. Il modellino ottiene uno straordinario successo e la Lesney lo sfutta per lanciare una serie di carrozze in fusione di metallo. Questi piccoli pressofusi vengono distribuiti da Moses Kohnstam, titolare del marchio Moko. Ecco quindi il perché di quel “Moko-Lesney” che apparirà su tutte le confezioni.
Ben presto si decide di introdurre una serie di modelli d'auto e veicoli commerciali. Questa serie viene denominata Matchbox, cioè “scatola di fiammiferi”. Infatti ogni modello è venduto in un involucro di cartone che riproduce fedelmente, sia nelle dimensioni che nei colori, le scatolette di fiammiferi “tipo svedese”.
Le scatole sono così fedeli a quelle degli zolfanelli da presentare un lato di color bruno scuro, simulante la striscia di zolfo su cui si sfregano le capocchie dei fiammiferi per accenderli. Non è la prima volta che appaiono giocattoli in miniatura dentro scatole che ricordano quelle dei fiammiferi: dai primi del '900 agli anni '40 gli esempi non sono pochi, ma per la prima volta il marchio Matchbox (appartenente per metà alla Moko) viene ufficialmente depositato e registrato. Ciò accade sul finire del 1953.
I primi Matchbox sono generalmente in scala piuttosto piccola. Col passare degli anni verranno scelte per i successivi modelli scale via via più grandi, fino a raggiungere l’1/43.
In effetti due Matchbox nella medesima scala sono difficili da trovare. Si direbbe che la sola preoccupazione dei titolari fosse quella di farli stare tutti nello stesso tipo di scatoletta, di formato unificato.
I Matchbox compaiono nel 1953, ma la serie giunge al fatidico 75° modello solo alla fine del 1959, per rimanere poi costante su questo numero. Naturalmente i modelli vengono frequentemente rinnovati e cambiati, pur mantenendo lo stesso numero di catalogo, fatto che può provocare talvolta qualche confusione. Non si può nemmeno parlare propriamente di una prima serie 1-75, in quanto, quando nel 1959 esce il 75° pezzo della serie, una Ford Thunderbird, molti dei primissimi modelli sono già fuori catalogo, sostituiti da altri più recenti.
Nel 1956, la Lesney lancia la serie Yesteryear, fortemente voluta da Jack Odell, il quale identifica un mercato per modellini di veicoli a vapore, e presenta alla Fiera commerciale del giocattolo di Birmingham in Inghilterra, il modello Allchin Steam Engine ed altri 3 soggetti analoghi. Fino al 1959 sono prodotti 14 modelli nella scala più grande possibile ma comunque rientrante nei confini del confezionamento a scatola di fiammiferi utilizzato. Questi modelli sono numerati progressivamente e diventano noti come la prima serie di Yesteryear, della quale fanno parte anche due locomotive riprodotte in una scala vicina alla 1:160 dei trenini a scartamento N (9 millimetri): la Y13, una American 4-4-0, e la Y14, una 2-2-0 britannica denominata Duke of Connaught. Si tratta dei soli modelli ferroviari (ovviamente statici) prodotti con il marchio Lesney Matchbox.
Per la lunga storia degli altri Matchbox vi rimandiamo alla relativa scheda marca nella sezione dedicata alle Macchine e macchine.


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