Parte quarta, ed ultima
Che starà mai accadendo, camerati? Chi sarà mai il losco figuro ch’appare alla radiovisione al posto del Duce?
- Bzzz … zzzttt …. Tzzzz (disturbi e scariche, n.d.a.) …. Compagni! Vi parla Mengozzi Arnaldo, della cellula anarchica “Michail Bakunin” di Forlì ! Appajo su’ vostri schermi per annunziarvi la rivoluzione anarchica! Morte al fascisomo, evviva Turati e la liberta!
Un’ondata di sgomento paralizzò le folle convenute dinanzi agli apparecchi. Ma il Duce, con somma prontezza, afferrò a sua volta il microfono:
- Sempre tu, Mengozzi, boja d’un mond ledar! ITALIANI! Il Duce vi parla: non ascoltate quell’uomo!
Ma il Mengozzi:
- Compagni, colui ch’obbedite non è colui ch’immaginate! Bzzz … zzzttt …. Predica bene ma razzola male: attenti alle vostre figliuole, compagni! Costui è un libertino, costui indulge in turpitudini, costui bazzica con le giovini!
- Non è vero! Codeste son l’invenzioni dei giornali della sinistra, che pagan le giovini affinch’esse dichiarino il falso! Non ho mai indetto festini, io! Sono un santo, io, boja d’un mond ledar!
E, tappato il microfono e rivoltosi al Pavanati:
- Com’è possibile che colui sappia ciò che non deve sapere? Avrà forse violato il mio scannatojo, che me vegn un cancher? Fa’ qualcosa, non star lì come un imbecille, Pavanati!!! Cerca di scoprir da dove trasmette!
- Non può esser lontano, Duce. Di telecamere il Marconi sinora n’ha fatte due sole: e di esse l’una è quella che vi inquadra; l’altra sarà certamente nei paraggi. Un momento … e se fosse celata dietro quel tendone?
V’era, in effetti, un pesante telone da teatro proprio alle spalle del palco: con un colpo di reni il Duce vi s’avventò, lo ghermì, lo strappò. E ch’apparve, strappato il telone? Un losco figuro in tuta d’operajo. Alto, allampanato, macilento; lo sguardo torvo, sospettoso, malvagio. Un pajo di mustacchi ricurvi si protendeva sotto il naso adunco, e ciocche di sordidi capelli simili a ciuffi di spinaci fouriscivan di sotto alla berretta unta e bisunta. Brandiva un microfono, e dinanzi a lui su di un treppiede era la seconda telecamera del Marconi, come sagacemente il Pavanati aveva intuito.
- Pavanti!!! Presto, il manganello n.5, quello radiovisivo a foggia di biscione! Prendetelo, camarati!
Ma, profittando dello scompiglio e traendo benefizio dalla propria agilità, il Mengozzi guadagnò la porta di servizio e da essa se la diede a gambe pelle camapagne pisane, non senza profferire fiere invettive in dialetto romagnuolo all’indirizzo del Duce, dei gerarchi, dei federali, degli arditi, degli avanguardisti e di chiunque altro fosse, in un modo o nell’altro, fedele al Regime.
- Me l’ha fatta anche questa volta, boja d’un mond ledar … la colpa è vostra, Marconi, ch’avete trattato la faccenda con troppa leggerezza ed avete vieppiù fallato nel non custodire gl’istrumenti di ripresa! Pavanati!!! Passami il manganello n. 105.5, quello radiofonico coll’impugnatura di cavo coasiale!
Se proprio volevasi trovare un difetto nel Duce, esso consisteva nella fissazione di trovare ogni volta un capro espiatorio. Sguainato il manganello corse agilmente dietro al Marconi, che scordando i nobili natali s’era prosaicamente dato alla fuga profittando dello stesso uscio dal quale s’era involato il Mengozzi. Corsero i due per miglia e miglia: ogni quattro passi il Duce impartiva al Marconi, alternativamente, ora una manganellata, ora un calcio nel deretano. Nel mentre la folla degli astanti esplodeva nell’urlo consueto:
DU-CE! DU-CE! DU-CE! DU-CE! DU-CE! DU-CE! DU-CE! DU-CE! DU-CE! DU-CE! DU-CE! DU-CE! DU-CE! DU-CE! DU-CE! DU-CE! DU-CE! DU-CE! DU-CE! DU-CE! DU-CE! DU-CE! DU-CE! DU-CE! DU-CE! DU-CE!
Ah, camerati, che ricordi … m’è preso un groppo alla gola da non riuscire a parlare! Ad majora!
M.
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