|
La potenza oraria, diciamo più correttamente, la corrente oraria, è quella teorica che la locomotiva è in grado di assorbire per un tempo di 60 minuti e che dopo tale limite, si arriva ad un rapido deterioramento dell'isolamento del motore per surriscaldamento (resina isolante delle matasse di campo, bendaggi in fibra di vetro dell'armatura, cavi). Tale situazione, oltre ovviamente a causare masse verso terra, scariche spinterometriche ai portaspazzole, scatto dei rele differenziali, porta alla messa fuori uso della locomotiva con grave danno alla macchina e all'esercizio. Il limite di corrente oraria ce lo da il costruttore del motore e, oltre ovviamente alle caratteristiche elettriche, questo limite dipende dalla classe di isolamento e dalla ventilazione che rivestono un ruolo fondamentale. Un bravo macchinista riesce a sfruttare la potenza oraria solo per brevi periodi; a patto di conoscere bene la locomotiva, le sue curve caratteristiche e la linea. Da prove relative fatte, la potenza oraria, comincia ad essere presa in considerazione quando l'ascesa della linea, supera il 10 per mille.
La temperatura dei motori, non è segnalata in cabina con nessun strumento; il macchinista, dispone delle segnalazioni relative alla corrente, tensione, numero di giri, tramite il terminale della diagnostica. Sulle reostatiche invece si poteva leggere il valore della corrente tramite l'amperometro.
La corrente oraria, quindi la potenza, non si raggiunge in una determinata "tacca", ma in una determinata "combinazione motori"; il discorso della "tacca", vale per le diesel. Questo perchè se si dovesse lasciare il "maniglione" in una tacca intermedia, si brucerebbe il reostato; oltretutto non sarebbe possibile applicare i gradini di shuntaggio. Sulle elettroniche invece non si tiene conto della corrente oraria, ma del sovraccarico massimo, che in genere non supera i 20 minuti.
Saluti, Andrea
|