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Su 'Voci della Rotaia' (periodico aziendale FS) del dicembre 1965 apparve questo articolo a firma di Aldo Sensi: "Minibinari: il plastico di Piacenza Dodici trenini tutti circolanti anche contemporaneamente, 50 km di cavo, 50 scambi centralizzati, 30 istradamenti diversi, 500 funzioni di relé: questi sono alcuni dati tecnici che caratterizzano il plastico fermodellistico di Piacenza, installato nelle sale superiori di quel DLF. Si ritiene che il complesso abbia raggiunto un valore commerciale che sta fra i 5 ed i 6 milioni, anche se è costato enormemente di meno per le economie all'italiana prodigiosamente realizzate dagli abili costruttori. Aggiungere anche un solo zero a ciascuno di tali dati basterebbe a dare la patente del kolossal all'attraente complesso, che pure ha del colossale; ma a che servirebbe? Le finalità che quei costruttori - Bruno Fischietti, Carlo Ferrari, Oreste Savioni, Piero Trebbi e poi, alla rinfusa, Boselli, Pavesi, Puppo, Venturi, Fiorani, Bisi, Rossi, Bagnoli e Bettini - sono già felicemente raggiunte: far conoscere meglio la personalità del ferroviere e la sua attività quotidiana, il suo attaccamento all'azienda ed al lavoro, il suo spirito di corpo e di sacrificio, l'ingegno, l'operosità, la capacità di fare tanto con tanto poco che meno di così è niente. Non c'è uno solo dei 500 ferrovieri piacentini che non abbia capito e fatto proprio il semplice messaggio che il trenino porta instancabilmente. Anche la cittadinanza l'ha sentito: oltre 3 mila sono già i visitatori. Quando poi arrivano gli «esperti», allora lo sguardo si fa più attento e lento, alla ricerca di ogni particolare. Così dicasi per il Gruppo Fermodellistico Bolognese, come per gli Amici della Ferrovia di Torino e tanti altri amatori del fermodello. In occasione delle recenti «Giornate europee di Salsomaggiore» degli Cheminots aderenti all'AEC (1), uno specialista francese con tanto di calibro in mano ha misurato in lungo ed in largo ed ha ammesso che mai prima d'ora aveva trovato tanta fedeltà nelle proporzioni. Da notare, tra l'altro, che nella parte piana il plastico riproduce fedelmente la stazione di Piacenza. Così la passione di pochi è diventata vanto e simbolo per tutti, o quasi: le mogli dei costruttori si sono voltate in là, immusonite per tanti ritardi serali o per il cinema perduto; ma, anche se non lo vogliono dire, sono ben coscienti che i loro uomini, brandendo una pinza od una tenaglia sdentata, un punteruolo od un cacciavite smangiato, non esiterebbero a ricominciare da capo, con un amore ed un orgoglio che inorgoglisce e fa ben sperare.
(1) Cheminot, dal francese, sta per «ferroviere» nell'accezione internazionale; AEC, Association Européenne des Cheminots (Associazione Europea dei Ferrovieri)".
Esiste ancora questo plastico? Qualcuno ha notizie? Omnibus
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