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 Oggetto del messaggio: Re: MUSEOGIOCANDO - Treni
MessaggioInviato: martedì 5 novembre 2024, 19:04 
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Ecco qui alcune immagini della rimozione.


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 Oggetto del messaggio: Re: MUSEOGIOCANDO - Treni
MessaggioInviato: martedì 5 novembre 2024, 19:06 
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Ed ora alcune tristi comparazioni fra prima e dopo.
Lato nord.


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 Oggetto del messaggio: Re: MUSEOGIOCANDO - Treni
MessaggioInviato: martedì 5 novembre 2024, 19:07 
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Lato nord, totale.


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 Oggetto del messaggio: Re: MUSEOGIOCANDO - Treni
MessaggioInviato: martedì 5 novembre 2024, 19:09 
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Lato nord-est.


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 Oggetto del messaggio: Re: MUSEOGIOCANDO - Treni
MessaggioInviato: martedì 5 novembre 2024, 19:11 
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Lato sud.


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 Oggetto del messaggio: Re: MUSEOGIOCANDO - Treni
MessaggioInviato: martedì 5 novembre 2024, 19:11 
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Sic transit gloria mundi...


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 Oggetto del messaggio: Re: MUSEOGIOCANDO - Treni
MessaggioInviato: martedì 5 novembre 2024, 23:04 
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Buon trasloco e buona ricostruzione! Sarà un motivo in più per una nuova visita al museo.


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 Oggetto del messaggio: Re: MUSEOGIOCANDO - Treni
MessaggioInviato: martedì 7 gennaio 2025, 20:41 
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Località: Venezia
Molto interessante e bello l'articolo su tutto Treno di gennaio!
Una visita è assolutamente indispensabile!
Buona serata
Michele


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 Oggetto del messaggio: Re: MUSEOGIOCANDO - Treni
MessaggioInviato: mercoledì 19 febbraio 2025, 17:36 
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DEP.SV ha scritto:
Molto interessante e bello l'articolo su tutto Treno di gennaio!

Grazie Michele!


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 Oggetto del messaggio: Re: MUSEOGIOCANDO - Treni
MessaggioInviato: mercoledì 19 febbraio 2025, 17:40 
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Iscritto il: sabato 3 maggio 2014, 18:54
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Espongo qui di seguito alcune mie considerazioni riguardo alla ambientazione storica e geografica di plastici o diorami che amerei condividere con tutti voi forumisti.
Nella creazione di plastici o diorami occorre tener ben presente sia l’ambientazione geografica sia quella storica. Bisogna che il tutto sia coerente: la riproduzione di un tipico maso tirolese non può ragionevolmente figurare in un impianto che voglia rappresentare un tratto di ferrovia ligure, e un modellino di Lamborghini Aventador suonerebbe un filino stonato nella ricostruzione della Battaglia delle Ardenne.
Una volta - parliamo degli anni ’30, ’40 e ’50 del secolo scorso, quando il “trenino elettrico” progressivamente migrò dal pavimento di casa per installarsi stabilmente in una sede propria, ovvero su di una tavola di legno, per dare vita ad impianti sempre più complessi e realistici - non si faceva troppo caso a certi dettagli e un Coccodrillo svizzero della Marklin poteva permettersi di incrociare una squisitamente britannica Mallard della Hornby. Oppure una diesel americana Fairbanks-Morse C-Liner della Rivarossi poteva passare davanti alla italianissima stazione Dubino senza destare scandalo. Questo succedeva anche perché all’epoca c’era davvero poca scelta nel campo degli accessori.
Al presente, viceversa, nei cataloghi delle ditte specializzate si trova di tutto: materiale rotabile di qualsiasi epoca e parte del mondo; modellini di veicoli stradali di ogni tempo e di ogni luogo; kit in plastica o resina che riproducono ogni sorta di fabbricati, ferroviari e non.
Sono disponibili persino diversi tipi di vegetazione e personaggi in miniatura abbigliati secondo la moda vigente, da quella vittoriana a quella post Mary Quant.
Bisogna dire, tuttavia, che esistono dei condizionamenti. Dettati dal fatto che la passione per i plastici ferroviari è molto diffusa soprattutto negli Stati Uniti, in Gran Bretagna, in Germania, Austria e Svizzera, dove esiste una radicata cultura delle rotaie e di quanto che vi corre sopra. Da ciò deriva che, seguendo i gusti dei loro clienti, i costruttori grandi e piccoli di materiale per il fermodellismo offrano di preferenza prodotti consoni ad ambientazioni in questi Paesi.
E’ facilmente reperibile sul web ogni sorta di rotabile, accessorio e fabbricato (ferroviario e non) compatibile magari con la New York Central, la Rhätische Bahn, la London & North Eastern Railways o le Königliche Bayerische Staats-Eisenbahnen, e però si trova ben poco di italiano.
Questo perché oggi non esistono praticamente più dei grandi marchi italiani di prodotti per il nostro hobby, essendo le storiche aziende Rivarossi, Lima e Pocher passate da tempo sotto una proprietà straniera (Hornby) che fabbrica tutto in Cina ed è scarsamente sensibile alle esigenze dei pochi residui appassionati nostrani, i quali trovano in commercio solo rotabili e qualche stazione e sono pertanto costretti a fabbricarsi da sé tutto il resto.
Oggigiorno è comunque doveroso, per un plasticista, realizzare un contesto in cui ciascun particolare risulti in linea con il periodo storico e la collocazione geografica prescelta, o quantomeno non disturbi come il proverbiale elefante nella cristalleria.
Ciò vale soprattutto per chi intenda riprodurre un determinato luogo collocandolo in una determinata porzione temporale, ma non è poi così difficile da ottenere anche da chi voglia limitarsi a creare una pur realistica ambientazione di fantasia per farvi sgranchire le ruote ai propri modellini ferroviari.
Va detto anzitutto che rispetto alla porzione di superficie terrestre che si intende riproporre in scala ridotta, l’aspetto della natura incide assai poco. A parte casi estremi come una brulla prateria intervallata da qualche raro cactus a candelabro con sullo sfondo una mesa disegnata da Aurelio Galleppini, dove possono transitare solo dei treni squisitamente yankee, oppure la vetta rocciosa di una montagna, che si presta unicamente ad imparentarsi con una ferrovia a cremagliera austriaca o svizzera, in genere sono gli elementi antropici (quelli costruiti dall’uomo) a connotare uno scenario.
Prendiamo ad esempio un paesaggio collinare con boschi, radure, piccoli villaggi e strade di campagna attraversato da una ferrovia a binario singolo non elettrificata che scavalca un garrulo ruscello con un ponte a travate metalliche: lo si potrebbe classificare rispettivamente come nordeuropeo se fosse punteggiato di chiesette dal campanile aguzzo e casette dai muri con telaio di legno; centroeuropeo se le chiesette avessero il campanile a cipolla e le casette fossero di mattoni e avessero i tetti rossi e spioventi; inglese o brettone se i tetti fossero di paglia oppure mediterraneo in presenza di pievi romaniche e case rustiche con i panni stesi alle finestre.
Per definirlo ulteriormente vi dovremmo solo inserire, caso per caso, convogli ferroviari di nazionalità compatibile, nonché insegne e cartelloni pubblicitari nella lingua locale.
A meno di ficcarci dentro anche un viadotto ferroviario in cemento armato vibrocompresso, una autostrada a sei corsie, un palazzo di uffici completamente vetrato od una gigantesca torre di telecomunicazione, uno scenario agreste di tal fatta si presterebbe inoltre egregiamente a riflettere ambientazioni storiche relative ad un periodo estremamente lungo: dalla Belle Epoque fino ai primi anni ’60 del secolo scorso.
Mucche, cavalli e animali da cortile saranno sempre e ovunque gli stessi, come pure le querce e gli abeti. Non così gli stambecchi e le betulle, i lampioni ed i segnali ferroviari, tutti soggetti che rimandano a particolari situazioni geografiche e temporali. E niente cassonetti e strisce pedonali, che arriveranno dopo.
Basterebbe aggiungere al nostro plastico degli opportuni veicoli stradali, dei personaggi coevi e qualche altro piccolo dettaglio per potervi legittimamente far circolare, se per esempio desiderassimo restare in Italia, convogli trainati da locomotive a vapore della Rete Mediterranea fino alle “micette” Aln 668 delle FS. Se invece volessimo far in modo di essere da qualche parte in Germania potremmo spaziare dai rotabili della Kpev (Königlich Preußische Eisenbahn-Verwaltung) a quelli del Reich o della Bundesbahn. Se invece optassimo per il Regno Unito la scelta potrebbe cadere sia sui treni di una compagnia ferroviaria privata sia su quelli delle British Railways. Per non parlare delle sempiterne Ferrovie Federali Svizzere, istituite in seguito ad un referendum del 1898.
Può essere di aiuto sapere che nel modellismo ferroviario si usa suddividere la Storia in diverse Epoche, caratterizzate dal tipo di rotabili impiegati e dalla estensione degli impianti, dalle differenze estetiche che si riscontrano negli edifici, nella segnaletica, nella colorazione e nelle livree che le varie compagnie di volta in volta adottano, nonché dai codici (anch’essi mutevoli nel tempo) di immatricolazione dei veicoli.
Il metodo più diffuso di classificazione è quello tedesco, che possiamo tuttavia integrare e adattare al quadro italiano per avere la seguente ripartizione.
Epoca 0: prima del 1885 - primi sviluppi delle ferrovie e dei suoi manufatti; la Rocket di Robert Stephenson del 1829 è considerata la prima locomotiva a vapore moderna.
Epoca I: dal 1885 al 1920 - età d’oro della trazione a vapore; nascono le grandi reti ferroviarie; nel 1905 in Italia vengono costituite le Ferrovie dello Stato.
Epoca II: dal 1920 al 1945 - adozione, a partire dal 1922, del regolamento Internazionale per carri e carrozze; primi sviluppi delle linee a trazione elettrica; inizia il declino del vapore, dagli anni ’30 in poi progressivamente soppiantato dalla trazione elettrica in Europa e da quella diesel in America; la segnaletica si trasforma da meccanica a luminosa ed elettromeccanica;
Epoca III: dal 1945 al 1968 - ricostruzione post-bellica delle reti ferroviarie; carri e carrozze costruiti unicamente in metallo; dal 1957 sono introdotti i convogli Tee (Trans Europa Express); si affermano gli elettrotreni.
Epoca IV: dal 1968 al 1990 - entrata in vigore la nuova normativa europea di classificazione (Uic) dei rotabili e progressiva integrazione della segnaletica; modernizzazione del parco macchine con nuove locomotive elettriche ad azionamento elettronico; dal 1975 scomparsa in Italia del vapore e della trazione elettrica trifase; con la creazione delle reti autostradali le ferrovie soffrono la crescente concorrenza del traffico su gomma.
Epoca V: dal 1990 al 2005 - introduzione della elettronica di potenza; nascita e sviluppo delle reti ad alta velocità; revisione stilistica dei rotabili e delle stazioni; separazione amministrativa delle società statali e loro conversione in società per azioni (in Italia nascono Trenitalia e Rete Ferroviaria Italiana).
Epoca VI: dal 2005 ad oggi - cominciano a circolare (in Italia a partire dal 2009) imprese di trasporto private in regime di concorrenza, sia in traffico internazionale che nazionale, con propri mezzi di trazione; progressiva eliminazione di tutti i gruppi di locomotive elettriche reostatiche ancora in servizio (in Italia sono quelle costruite prima della E444).
Ricordiamoci quindi che una carrozza “centoporte” di terza classe trainata da una locomotiva elettrica FS E656 è un falso storico. La terza classe in Italia ed Europa è stata infatti abolita il 3 giugno 1956 e la prima E656 è stata introdotta nella seconda metà degli anni '70, per cui si tratterebbe di una forzatura non ammissibile dai fermodellisti duri e puri che rispettano le epoche in maniera ossessiva.
Un convoglio con in testa una E 656 può trainare delle carrozze tipo X, di prima o seconda classe, sia in livrea grigio ardesia sia in livrea rosso fegato. Se però desideriamo soltanto giocare, abbandonandoci liberamente alla fantasia come quando eravamo bambini, allora possiamo ben agganciare ad una loco western 4-4-0 una fila di italiche carrozze a piano ribassato in livrea Xmpr intervallate a carri Epoca II della birra bavarese Franziskaner con garitta del frenatore, e far circolare il tutto sul nostro plastico che riproduce perfettamente la stazione centrale di Okinawa il giorno prima dello sbarco americano. A patto però che non ci veda nessuno.


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 Oggetto del messaggio: Re: MUSEOGIOCANDO - Treni
MessaggioInviato: lunedì 24 febbraio 2025, 18:27 
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QUANTO VALE QUEL MODELLINO?
Una delle domande che più spesso mi fanno i visitatori di Museogiocando è: quanto vale questo o quel modellino?
Non amo citare il prezzo dei miei balocchi, ed a quesiti di tal genere preferisco sempre replicare cercando di spiegare i criteri universali in base ai quali è (fino a un certo punto) possibile stabilire il valore venale di un oggetto da collezione, sia che si tratti di un’opera d’arte sia di un modestissimo souvenir.
Prima di tutto è bene chiarire che raro non vuol per forza significare anche prezioso: ci sono cose uniche che non valgono un soldo. Ciò che maggiormente influisce sulla preziosità di un’opera è la celebrità del suo autore, per cui un qualsiasi schizzo buttato giù da Michelangelo in un momento di scarsa ispirazione verrà sempre quotato migliaia di volte di più di un bel quadro dipinto da un autore sconosciuto. Esattamente come un giocattolo fabbricato da Carette, Marklin o Lehmann o un modellino realizzato a mano, in ottone, da un rinomato “mago” del settore avrà sempre una quotazione molto maggiore rispetto ad articoli magari altrettanto apprezzabili ma recanti marchi o firme meno blasonati.
Al top troviamo quindi balocchi rari costruiti da giocattolai o modellisti famosi, dove la rarità può risalire all’origine (pochi esemplari realizzati a suo tempo) o dipendere dalla dispersione avvenuta successivamente.
Il rapporto fra domanda e offerta detta comunque legge: negli ultimi tempi, per esempio, il prezzo dei trenini elettrici costruiti fra gli anni ’60 e ’80 del secolo scorso è assai calato. Ciò è dipeso dal fatto che durante la tremenda epidemia da Covid sono deceduti molti anziani gentiluomini i cui eredi hanno gettato sul mercato valanghe di quei Marklin, Fleischmann e Rivarossi d’antan che erano stati la passione dei loro nonni.
Rimangono invece alte le quotazioni dei modellini obsoleti di automobili. Ma solo quelle dei cosiddetti Mint & Boxed (intonsi e nella confezione originale). A tal proposito occorre precisare che questo termine è usato spesso a sproposito, specie per i modelli più vecchi. Non basta infatti che il modello sia perfetto e che la scatola sia completa di tutte le alette e fresca. Occorre anche che siano presenti tutti i complementi con i quali usciva dalla fabbrica, parti interne della confezione, cartoncini di ritenuta, foglietti vari di controllo e/o di istruzioni ecc. Ma trovare un modellino in queste condizioni è davvero raro, anche perché spesso era il negoziante a eliminare o a perdere qualche parte secondaria della confezione.
Pochi dei giocattoli della collezione di Museogiocando sono peraltro dei Mint and Boxed”. Quasi tutti gli oggetti esposti mostrano in realtà le tracce del tempo trascorso e magari anche di un uso intenso ed io li preferisco, perché penso che un giocattolo che non abbia avuto il suo bambino non sia un vero giocattolo. Per la stessa ragione, ancor meno sono gli esemplari che per intrinseco pregio o per la loro rarità hanno oggi un troppo rilevante valore commerciale: perché si tratta di oggetti che non possono essere più (o non sono mai stati) destinati al gioco.
Fra le vetrine di Museogiocando c’è di tutto: automobiline, trenini, aerei, navi, giocattoli meccanici, arredi e cucine in miniatura e molto altro, ma niente di particolarmente prezioso; neppure uno, per esempio, dei rarissimi Dinky Toys prodotti in Sudafrica (che oggi valgono anche diverse migliaia di euro). e troverete relativamente pochi prodotti di marchi italiani. Questo perché nell’Italietta di prima del boom economico erano davvero scarse le famiglie che potevano permettersi di comprare giocattoli e pertanto quelli oggi rimasti hanno valutazioni vertiginose. Assai più accessibili, per il semplice fatto che ne sono stati fabbricati molti di più, risultano invece i vecchi balocchi francesi, inglesi, tedeschi e soprattutto americani che oltre a tutto sono spesso anche più belli dei loro omologhi italiani e comunque sempre altrettanto evocativi.
Nessun ''fior di conio”, quindi a Museogiocando, perché non c'è anima in un Matchbox che non abbia mai sfrecciato su un pavimento rimbalzando contro un battiscopa di marmette (quelli di legno sono venuti dopo); non c'è vita in un Marklin che non si sia tuffato da un tavolo su un pavimento di mattonelle, senza (ancora) trovare un air-bag di moquette.
Nella stessa ottica, il sottoscritto non ha mai tenuto conto del fatto che sul mercato del collezionismo un kit in plastica intonso nella sua confezione originale spunta quotazioni più alte rispetto allo stesso modello già assemblato (anche piuttosto bene). Io i miei kit li ho montati tutti, sia per poterli esporre come modelli sia soprattutto perché per me un kit ancora da montare resta un balocco inespresso, visto che le scatole di montaggio (specie le più semplici, quelle degli anni ’50 e ’60) nascevano come giocattoli, là dove il gioco consisteva appunto nell’assemblarne i componenti. So bene che gli intenditori storceranno il naso di fronte a questi miei criteri, ma in verità io non mi ritengo un collezionista di giocattoli bensì un recuperatore di sogni.
E se il giocattolo viene restaurato? Beh, sulla opportunità o meno di restaurare le vecchie automobiline (oppure le vere auto d’epoca) potremmo discutere all'infinito. La mia personale opinione, da collezionista e proprietario di un museo aperto al pubblico, è la seguente: se un oggetto è molto rovinato, vale la pena di riportarlo a condizioni decenti. Altrimenti è opportuno lasciarlo com'è.
Badate, non è una questione economica, ma solo estetica. I 3.647 (per ora) modellini e 512 giocattoli d'epoca di Museogiocando sono tutti esposti in vetrine, e il 99 per cento dei visitatori non sa distinguere un Dinky da un edicoloso, però se è malridotto mi chiede perché non lo sistemo...
Il valore venale di un balocco restaurato resterà sempre inferiore a quello dello stesso oggetto in perfette condizioni originali. Ma ciò dipende soprattutto da come è stato restaurato e da chi. Ci sono infatti dei restauratori professionisti i cui lavori sono più apprezzati di altri. Ma questo discorso potrebbe portarci troppo lontano.


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 Oggetto del messaggio: Re: MUSEOGIOCANDO - Treni
MessaggioInviato: martedì 25 febbraio 2025, 13:13 
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Iscritto il: sabato 3 maggio 2014, 18:54
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QUANTO TEMPO CI HAI MESSO?

Ma quanto tempo ci hai messo per costruire quel modellino, quel diorama o quel plastico? Fra le domande che mi fanno i visitatori di Museogiocando, queste sono forse le più frequenti.
Diciamo che per assemblare un kit in plastica molto semplice possono bastare tre o quattro ore (al netto del tempo necessario per fare asciugare la vernice spruzzata sui vari componenti). Però per montare gli oltre duemila pezzi della Rolls-Royce Phantom II Sedanca Coupe della Pocher ci sono volute 250 ore.
Progettazione a parte (che può richiedere tempi molto lunghi) per realizzare un plastico o un diorama (la differenza consiste nella minor dimensione di quest’ultimo e nell’assenza di elementi mobili) in genere occorrono, a seconda della sua complessità, dalle 50 alle 500 di lavoro per ogni metro quadro di superficie, ma si può arrivare ad un impegno assai maggiore allorché ci si debba cimentare in complete autocostruzioni, come nel caso della riproduzione del borgo di Piticchio, fatta partendo da zero e ricavando porte, finestre e altri dettagli con la stampante in 3D.
Ho calcolato che dietro ai giocattoli, ai modellini, ai plastici e ai diorami esposti a Museogiocando, fra progetti, restauri, assemblaggi e costruzioni ci sono un totale di oltre 10.000 ore di lavoro, in buona parte mie.
Quando sciorino queste cifre, sul viso del mio interlocutore appare spesso una certa espressione di compatimento che sottintende una seconda, inespressa per educazione, e pur chiarissima domanda: ma come ti va, di metterti a fare certe cose?
Vai allora a far capire che non è che tu non abbia proprio niente di meglio di cui occuparti per far passare il tempo! Di solito parto da lontano, da una tavoletta assira del secondo millennio avanti Cristo, dove pare (non ho un’eccessiva familiarità con la scrittura cuneiforme) stia scritto che “gli dei non sottraggono alla durata prestabilita della vita degli uomini le ore che trascorrono a pescare”. Il che è un chiaro invito a non considerare sprecato il tempo che passiamo a fare ciò che ci appassiona.
Ognuno ha peraltro le sue particolari inclinazioni. A me, ad esempio, non piace la caccia, né tantomeno la pesca, che come sottolineava un fine umorista è quello sport che prevede un’attrezzatura consistente in una canna, una lenza, un amo, un’esca, e due cretini, uno per parte.
In vita mia, di mestiere ho fatto il giornalista (il che, secondo Luigi Barzini “è sempre meglio che lavorare”, e il mio tempo libero l’ho in prevalenza dedicato al modellismo, impegnandomi in creazioni anche molto complesse, sempre però conservando lo spirito puramente ludico e dilettantistico di chi etimologicamente “si limita a trarre piacere da ciò che fa”. Giocare, infatti non è tanto “cosa” si fa, ma “come” lo si fa.
E’ lo spirito che conta: quante volte, magari mentre sciavamo lungo una pista impossibile, nel bel mezzo di una bufera di neve, con il vento gelido che ci smerigliava la faccia, ci siamo chiesti: ma se dovessero pagarmi, per fare una cosa del genere, quanto chiederei? E invece no, eravamo noi a pagare salato il giornaliero del Dolomiti Superski!
Da dove derivi tanto masochismo lo spiega benissimo il grande scrittore Vittorio G. Rossi osservando che “sono gli animali che lavorano per vivere, mentre l’uomo vive per lavorare”. E’ la naturale curiosità e la perenne insoddisfazione per l’esistente che da sempre spinge l’homo sapiens a sperimentare, scoprire od inventare nuove cose, migliori di quelle vecchie. E il bello è che l’uomo si diverte a mettersi in gioco, e quando gioca non avverte né noia né fatica.
È assai più facile accontentarsi, piuttosto che andare fino in fondo per realizzare i propri sogni. Chi si accontenta muore, e non lo sa.


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 Oggetto del messaggio: Re: MUSEOGIOCANDO - Treni
MessaggioInviato: martedì 25 febbraio 2025, 21:52 
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Località: Faenza
Ambientazione, costi umani ed economici. In poche righe la sintesi del fermodellismo. Che bravo !! Si vede la stoffa del giornalista.

E, poi, "QUANTO TEMPO CI HAI MESSO ?" la filosofia di un modo di essere.
Non è obbligatorio, non è migliore o peggiore, ma un modo di pensare. Che condivido, pure.

Bravo

Stefano Minghetti


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 Oggetto del messaggio: Re: MUSEOGIOCANDO - Treni
MessaggioInviato: venerdì 18 aprile 2025, 11:08 
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Iscritto il: sabato 3 maggio 2014, 18:54
Messaggi: 1676
ste.klausen21 ha scritto:
Ambientazione, costi umani ed economici. In poche righe la sintesi del fermodellismo. Che bravo !! Si vede la stoffa del giornalista.

E, poi, "QUANTO TEMPO CI HAI MESSO ?" la filosofia di un modo di essere.
Non è obbligatorio, non è migliore o peggiore, ma un modo di pensare. Che condivido, pure.

Bravo

Stefano Minghetti

Troppo buono. Grazie mille!


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 Oggetto del messaggio: Re: MUSEOGIOCANDO - Treni
MessaggioInviato: venerdì 18 aprile 2025, 11:15 
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Messaggi: 1676
Credo che ve ne siate accorti, ma abbiamo avuto l'onore di un bel servizio su di noi pubblicato da TuttoTreno.
Grazie a tutta la redazione ed in particolare a Benedetto Sabatini!


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