Espongo qui di seguito alcune mie considerazioni riguardo alla ambientazione storica e geografica di plastici o diorami che amerei condividere con tutti voi forumisti. Nella creazione di plastici o diorami occorre tener ben presente sia l’ambientazione geografica sia quella storica. Bisogna che il tutto sia coerente: la riproduzione di un tipico maso tirolese non può ragionevolmente figurare in un impianto che voglia rappresentare un tratto di ferrovia ligure, e un modellino di Lamborghini Aventador suonerebbe un filino stonato nella ricostruzione della Battaglia delle Ardenne. Una volta - parliamo degli anni ’30, ’40 e ’50 del secolo scorso, quando il “trenino elettrico” progressivamente migrò dal pavimento di casa per installarsi stabilmente in una sede propria, ovvero su di una tavola di legno, per dare vita ad impianti sempre più complessi e realistici - non si faceva troppo caso a certi dettagli e un Coccodrillo svizzero della Marklin poteva permettersi di incrociare una squisitamente britannica Mallard della Hornby. Oppure una diesel americana Fairbanks-Morse C-Liner della Rivarossi poteva passare davanti alla italianissima stazione Dubino senza destare scandalo. Questo succedeva anche perché all’epoca c’era davvero poca scelta nel campo degli accessori. Al presente, viceversa, nei cataloghi delle ditte specializzate si trova di tutto: materiale rotabile di qualsiasi epoca e parte del mondo; modellini di veicoli stradali di ogni tempo e di ogni luogo; kit in plastica o resina che riproducono ogni sorta di fabbricati, ferroviari e non. Sono disponibili persino diversi tipi di vegetazione e personaggi in miniatura abbigliati secondo la moda vigente, da quella vittoriana a quella post Mary Quant. Bisogna dire, tuttavia, che esistono dei condizionamenti. Dettati dal fatto che la passione per i plastici ferroviari è molto diffusa soprattutto negli Stati Uniti, in Gran Bretagna, in Germania, Austria e Svizzera, dove esiste una radicata cultura delle rotaie e di quanto che vi corre sopra. Da ciò deriva che, seguendo i gusti dei loro clienti, i costruttori grandi e piccoli di materiale per il fermodellismo offrano di preferenza prodotti consoni ad ambientazioni in questi Paesi. E’ facilmente reperibile sul web ogni sorta di rotabile, accessorio e fabbricato (ferroviario e non) compatibile magari con la New York Central, la Rhätische Bahn, la London & North Eastern Railways o le Königliche Bayerische Staats-Eisenbahnen, e però si trova ben poco di italiano. Questo perché oggi non esistono praticamente più dei grandi marchi italiani di prodotti per il nostro hobby, essendo le storiche aziende Rivarossi, Lima e Pocher passate da tempo sotto una proprietà straniera (Hornby) che fabbrica tutto in Cina ed è scarsamente sensibile alle esigenze dei pochi residui appassionati nostrani, i quali trovano in commercio solo rotabili e qualche stazione e sono pertanto costretti a fabbricarsi da sé tutto il resto. Oggigiorno è comunque doveroso, per un plasticista, realizzare un contesto in cui ciascun particolare risulti in linea con il periodo storico e la collocazione geografica prescelta, o quantomeno non disturbi come il proverbiale elefante nella cristalleria. Ciò vale soprattutto per chi intenda riprodurre un determinato luogo collocandolo in una determinata porzione temporale, ma non è poi così difficile da ottenere anche da chi voglia limitarsi a creare una pur realistica ambientazione di fantasia per farvi sgranchire le ruote ai propri modellini ferroviari. Va detto anzitutto che rispetto alla porzione di superficie terrestre che si intende riproporre in scala ridotta, l’aspetto della natura incide assai poco. A parte casi estremi come una brulla prateria intervallata da qualche raro cactus a candelabro con sullo sfondo una mesa disegnata da Aurelio Galleppini, dove possono transitare solo dei treni squisitamente yankee, oppure la vetta rocciosa di una montagna, che si presta unicamente ad imparentarsi con una ferrovia a cremagliera austriaca o svizzera, in genere sono gli elementi antropici (quelli costruiti dall’uomo) a connotare uno scenario. Prendiamo ad esempio un paesaggio collinare con boschi, radure, piccoli villaggi e strade di campagna attraversato da una ferrovia a binario singolo non elettrificata che scavalca un garrulo ruscello con un ponte a travate metalliche: lo si potrebbe classificare rispettivamente come nordeuropeo se fosse punteggiato di chiesette dal campanile aguzzo e casette dai muri con telaio di legno; centroeuropeo se le chiesette avessero il campanile a cipolla e le casette fossero di mattoni e avessero i tetti rossi e spioventi; inglese o brettone se i tetti fossero di paglia oppure mediterraneo in presenza di pievi romaniche e case rustiche con i panni stesi alle finestre. Per definirlo ulteriormente vi dovremmo solo inserire, caso per caso, convogli ferroviari di nazionalità compatibile, nonché insegne e cartelloni pubblicitari nella lingua locale. A meno di ficcarci dentro anche un viadotto ferroviario in cemento armato vibrocompresso, una autostrada a sei corsie, un palazzo di uffici completamente vetrato od una gigantesca torre di telecomunicazione, uno scenario agreste di tal fatta si presterebbe inoltre egregiamente a riflettere ambientazioni storiche relative ad un periodo estremamente lungo: dalla Belle Epoque fino ai primi anni ’60 del secolo scorso. Mucche, cavalli e animali da cortile saranno sempre e ovunque gli stessi, come pure le querce e gli abeti. Non così gli stambecchi e le betulle, i lampioni ed i segnali ferroviari, tutti soggetti che rimandano a particolari situazioni geografiche e temporali. E niente cassonetti e strisce pedonali, che arriveranno dopo. Basterebbe aggiungere al nostro plastico degli opportuni veicoli stradali, dei personaggi coevi e qualche altro piccolo dettaglio per potervi legittimamente far circolare, se per esempio desiderassimo restare in Italia, convogli trainati da locomotive a vapore della Rete Mediterranea fino alle “micette” Aln 668 delle FS. Se invece volessimo far in modo di essere da qualche parte in Germania potremmo spaziare dai rotabili della Kpev (Königlich Preußische Eisenbahn-Verwaltung) a quelli del Reich o della Bundesbahn. Se invece optassimo per il Regno Unito la scelta potrebbe cadere sia sui treni di una compagnia ferroviaria privata sia su quelli delle British Railways. Per non parlare delle sempiterne Ferrovie Federali Svizzere, istituite in seguito ad un referendum del 1898. Può essere di aiuto sapere che nel modellismo ferroviario si usa suddividere la Storia in diverse Epoche, caratterizzate dal tipo di rotabili impiegati e dalla estensione degli impianti, dalle differenze estetiche che si riscontrano negli edifici, nella segnaletica, nella colorazione e nelle livree che le varie compagnie di volta in volta adottano, nonché dai codici (anch’essi mutevoli nel tempo) di immatricolazione dei veicoli. Il metodo più diffuso di classificazione è quello tedesco, che possiamo tuttavia integrare e adattare al quadro italiano per avere la seguente ripartizione. Epoca 0: prima del 1885 - primi sviluppi delle ferrovie e dei suoi manufatti; la Rocket di Robert Stephenson del 1829 è considerata la prima locomotiva a vapore moderna. Epoca I: dal 1885 al 1920 - età d’oro della trazione a vapore; nascono le grandi reti ferroviarie; nel 1905 in Italia vengono costituite le Ferrovie dello Stato. Epoca II: dal 1920 al 1945 - adozione, a partire dal 1922, del regolamento Internazionale per carri e carrozze; primi sviluppi delle linee a trazione elettrica; inizia il declino del vapore, dagli anni ’30 in poi progressivamente soppiantato dalla trazione elettrica in Europa e da quella diesel in America; la segnaletica si trasforma da meccanica a luminosa ed elettromeccanica; Epoca III: dal 1945 al 1968 - ricostruzione post-bellica delle reti ferroviarie; carri e carrozze costruiti unicamente in metallo; dal 1957 sono introdotti i convogli Tee (Trans Europa Express); si affermano gli elettrotreni. Epoca IV: dal 1968 al 1990 - entrata in vigore la nuova normativa europea di classificazione (Uic) dei rotabili e progressiva integrazione della segnaletica; modernizzazione del parco macchine con nuove locomotive elettriche ad azionamento elettronico; dal 1975 scomparsa in Italia del vapore e della trazione elettrica trifase; con la creazione delle reti autostradali le ferrovie soffrono la crescente concorrenza del traffico su gomma. Epoca V: dal 1990 al 2005 - introduzione della elettronica di potenza; nascita e sviluppo delle reti ad alta velocità; revisione stilistica dei rotabili e delle stazioni; separazione amministrativa delle società statali e loro conversione in società per azioni (in Italia nascono Trenitalia e Rete Ferroviaria Italiana). Epoca VI: dal 2005 ad oggi - cominciano a circolare (in Italia a partire dal 2009) imprese di trasporto private in regime di concorrenza, sia in traffico internazionale che nazionale, con propri mezzi di trazione; progressiva eliminazione di tutti i gruppi di locomotive elettriche reostatiche ancora in servizio (in Italia sono quelle costruite prima della E444). Ricordiamoci quindi che una carrozza “centoporte” di terza classe trainata da una locomotiva elettrica FS E656 è un falso storico. La terza classe in Italia ed Europa è stata infatti abolita il 3 giugno 1956 e la prima E656 è stata introdotta nella seconda metà degli anni '70, per cui si tratterebbe di una forzatura non ammissibile dai fermodellisti duri e puri che rispettano le epoche in maniera ossessiva. Un convoglio con in testa una E 656 può trainare delle carrozze tipo X, di prima o seconda classe, sia in livrea grigio ardesia sia in livrea rosso fegato. Se però desideriamo soltanto giocare, abbandonandoci liberamente alla fantasia come quando eravamo bambini, allora possiamo ben agganciare ad una loco western 4-4-0 una fila di italiche carrozze a piano ribassato in livrea Xmpr intervallate a carri Epoca II della birra bavarese Franziskaner con garitta del frenatore, e far circolare il tutto sul nostro plastico che riproduce perfettamente la stazione centrale di Okinawa il giorno prima dello sbarco americano. A patto però che non ci veda nessuno.
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