clemente ha scritto:
L'umanità dovrà morire di mercato?
Fate sempre l'errore di confondere la situazione italiana o al limite quella europea con il mondo intero: l'umanità.
Già rimanendo nel "mondo occidentale" ma spostandoci oltre oceano scopriamo che negli Stati Uniti un qualche barlume di ripresa già c'è: drogato come un cavallo da massicce immissioni di denaro da parte della FED ma C'E'.
Se poi ci si sposta in Cina e si cerca di intuire qual'è la capacità produttiva di quel paese ci si rende rapidamente conto che qui in Italia rimane solo da sotterrarsi!
Certo, molta della crescita cinese è dovuta attualmente alla condizione di semi-schiavitù in cui versa la gran parte della popolazione di quel paese. C'è da dire però che anche qui in Italia, se torniamo indietro ai tempi della rivoluzione industriale o anche solo al primo dopoguerra (periodi paragonabili alla situazione cinese fino a pochissimi anni fa) non è che le condizioni della popolazione fossero poi tanto diverse: a quei tempi anche qui in Europa si cresceva a buoni ritmi e si è continuato a crescere anche quando negli anni 60-70 un certo punto di equilibrio tra produttività e diritti dei lavoratori era stato trovato. Ha continuato a crescere "per inerzia" anche quanto questo equilibrio si è rotto a partire dagli anni 80 quando la produttività è stata immolata sull'altare dell'assistenzialismo. Ora si ferma perché è ovvio che non si può andare avanti all'infinito per forza d'inerzia.
Ma non è l'umanità che sta andando a ramengo: è l'Italia!
E con essa anche buona parte dell'Europa. La Germania parte da una posizione un po' migliore e quindi sembra non soffrire più di tanto la crisi ma anche là l'impostazione che è stata data all'economia è più o meno quella del resto dei paesi cosiddetti "sviluppati" in cui il "venderevenderevendere" prevale di gran lunga sulla qualità della produzione quindi anche là è solo una questione di tempo.
Il problema è che è proprio la qualità della produzione quella che riesce a tenere alto il livello di sviluppo dell'economia di un paese o di un continente: sono la proprietà intellettuale, il continuo miglioramento dei processi produttivi, le conoscienze acquisite a livello teorico ma anche sul campo che consentono il mantenimento del livello di benessere raggiunto grazie all'iniziale aumento di produttività "da semi-schiavitù".
In assenza di queste caratteristiche l'economia di un paese comincia la sua fase di declino e prosegue così fino alla sua totale scomparsa. Dopodiché ricomincia il ciclo, sempre nello stesso ordine: pezzenti che muoiono di fame -> pezzenti che lavorano -> lavoratori con diritti -> fannulloni tutelati -> crash!
Qui in Italia al momento siamo nella fase "fannulloni tutelati", non tanto perché siamo diventati un intero popolo di fannulloni (che comunque in questo paese si contano almeno a centinaia di migliaia!), quanto perché pur lavorando la nostra produttività è quasi totalmente annullata da tasse, corruzione, spesa improduttiva ed assistenzialismo ipergarantista nei confronti di persone che (loro sì!) non hanno mai lavorato in vita loro.
clemente ha scritto:
Ma dove stiamo andando?
All'ultima fase: quella del crash.
La cosa positiva è che questo ciclo di vita dell'economia (compatibilmente con quello che succede di fuori e con altri fattori importantissimi come ad esempio le dinamiche demografiche) può anche essere fatto tornare indietro. Lo strumento per ottenere questo "elisir di lunga vita" sono le riforme. Riforme che devono avere lo scopo di:
1) eliminare la corruzione
2) eliminare l'assistenzialismo lasciando le giuste tutele solo a chi ne ha effettivamente bisogno e solo sulla base di precisi criteri di sostenibilità della spesa
3) rendere meno pesanti le strutture di regolamento del mercato (lo Stato, sia in termini di tasse che in termini di leggi)
4) favorire la concorrenza.
I tedeschi, pur avendo anche loro enormi problemi per ognuno dei 4 punti che ho elencato (ricordo tra gli altri un Presidente della Repubblica appena dimissionato...), sono comunque anni luce davanti a noi sul cammino per riprendere la strada della competitività e questo già è bastato negli ultimi anni a non far loro sentire più di tanto la crisi economica che invece qui in Italia ci ha messi in ginocchio.
Ciao,
Lorenzo