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 Oggetto del messaggio: Re: Riforma del lavoro
MessaggioInviato: domenica 1 aprile 2012, 17:13 
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Iscritto il: lunedì 4 febbraio 2008, 18:29
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Guardate che con questa riforma per le grandi aziende cambia poco o nulla: le grandi aziende erano già libere di licenziare più o meno a piacimento con la scusa delle ristrutturazioni e l'ombrello della cassa integrazione. Ricordo che non troppo tempo fa proprio la Fiat ha chiuso l'intero stabilimento di Termini Imerese, quindi non è questo il punto.
Questa nuova versione dell'articolo 18 a mio parere è molto più "pericolosa" per i dipendenti delle aziende di medie dimensioni (quelle sotto i 15 dipendenti erano già esentate da questo punto di vista): lì sarà effettivamente più facile licenziare poche persone alla volta senza troppa burocrazia di mezzo dato che non c'è più lo spauracchio dell'obbligo di reintegro.
Poi come ho già scritto prima, rischia decisamente di più il personale non specializzato e quello anche specializzato ma addetto a produzioni di scarso valore: alla fine immagino che tutto questo disegno infatti abbia proprio lo scopo di diminuire il costo della manodopera non specializzata in modo da far diminuire il costo finale dei beni prodotti dalle aziende italiane che guardacaso per la stragrande maggioranza producono beni a scarso valore aggiunto, proprio quelli su cui ci fanno concorrenza spietata i cinesi. Non potendo più svalutare come quando c'era la Lira, non potendo fare protezionismo perché i cinesi sono troppo grossi, l'unica via che rimane per vendere quel tipo di prodotti è proprio quella della diminuzione del costo del lavoro.
In pratica il sistema che mi sembra sia stato preso a modello è quello americano (dove in genere si guadagna un bel po' di più facendo lavori specializzati ed un bel po' di meno senza specializzazione) e credo anche che questa alla fine sia l'unica scelta possibile per un paese come il nostro caratterizzato per la stragrande maggioranza da piccole o piccolissime aziende che producono beni generalmente di scarso valore e quasi tutti per il mercato interno. Per allinearci ai tedeschi come molti vorrebbero, dovremmo avere aziende decisamente più grandi ed in grado di competere a livello tecnologico e finanziario con le migliori aziende internazionali, casi questi che qui in Italia si contano purtroppo sulle dita di una mano.

Ciao,
Lorenzo


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 Oggetto del messaggio: Re: Riforma del lavoro
MessaggioInviato: domenica 1 aprile 2012, 17:23 
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Meraviglioso !
Gia' l' Italia ha paghe basse ( quelle nette, intendo... ) e si tira ad abbassarle ancora di piu'.
Il viaggio a ritroso nel tempo verso gli anni '50 accelera !
Le nostre mogli e mamme e' meglio che reimparino a rigirare i colli delle camicie, a rammendare i calzini, a rivoltare i cappotti ed a rappezzare i calzoni.
:evil: :evil: :evil:
Stefano.


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 Oggetto del messaggio: Re: Riforma del lavoro
MessaggioInviato: domenica 1 aprile 2012, 17:44 
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Iscritto il: lunedì 4 febbraio 2008, 18:29
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bigboy60 ha scritto:
Gia' l' Italia ha paghe basse ( quelle nette, intendo... )
La differenza lordo-netto sui nostri salari e stipendi è l'altra ragione per cui siamo spinti verso un modello americano. L'azienda paga ogni singolo dipendente 100: di questi 100, più o meno 50 vanno al dipendente e l'altro 50 va allo Stato. L'azienda per sopravvivere DEVE VENDERE il suo prodotto. Visto che la suddetta azienda in Italia è generalmente di piccole o piccolissime dimensioni e quindi non ha risorse finanziarie per migliorare la qualità del suo prodotto, l'unico modo che ha per vendere e restare sul mercato è quello di diminuire il prezzo di vendita. Per diminuire il prezzo di vendita però vanno diminuiti anche i costi, tra i quali quelli per il personale. Ci sarebbe tanto di quello spazio di manovra su cui risparmiare sul cosiddetto "cuneo fiscale" ma visto che lo Stato NON VUOLE dimagrire, non rinuncia neanche ad un centesimo del suo 50 ed anzi aumenta la pressione fiscale, l'unico modo che l'azienda ha per vendere il suo prodotto è quello di diminuire il costo del dipendente.
Torniamo sempre lì: il più grande male d'Italia è la spesa pubblica senza criterio. Sono una marea di cialtroni e fancazzisti pubblici che non ha eguali al mondo. Se non si dà un taglio netto a quelli, la spirale recessiva nella quale siamo finiti non potrà fare altro che continuare ad avvitarsi su se stessa, anche e soprattutto a spese di chi lavora e produce, che sia un imprenditore o un lavoratore dipendente.

Ciao,
Lorenzo


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 Oggetto del messaggio: Re: Riforma del lavoro
MessaggioInviato: domenica 1 aprile 2012, 17:58 
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Iscritto il: domenica 14 marzo 2010, 16:45
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Quindi, gira e rigira arriviamo sempre allo stesso punto!


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 Oggetto del messaggio: Re: Riforma del lavoro
MessaggioInviato: domenica 1 aprile 2012, 19:17 
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Località: la citta' della 3 t: torri, tortellini e ...
Clemente mi ha tolto le parole di bocca, anzi mi ha levato le dita dalla tastiera !
:lol: :lol: :lol:

A questo punto mi sorge spontanea una domanda facile facile.
Se ci siamo arrivati noi quattro squinternati dalle mille provenienze scolastiche e lavorative, con l' aiuto del Lorenzo che qualcosa di economia ne capisce veramente, alla conclusione che e' lo Stato sprecone che frena l' intero paese, non e' possibile che non ci siano arrivati quel popo' di economisti di chiara fama che ora ci governano.
Allora perche' non si vede la benche' minima misura atta a ridimensionare gli sprechi dello Stato ?
Perche' si continua imperterriti a prendere dai soliti per continuare a sciupare ?
Forse e' perche' i poveri hanno poco, pero' sono tanti ?
Mica ci vuole la laurea in economia per arrivare ad una conclusione così "profonda"...
Saluti
Stefano.


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 Oggetto del messaggio: Re: Riforma del lavoro
MessaggioInviato: domenica 1 aprile 2012, 19:38 
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Nome: Luigi Cartello
Iscritto il: lunedì 15 agosto 2011, 16:44
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EritreoCazzulati ha scritto:
Guardate che con questa riforma per le grandi aziende cambia poco o nulla: le grandi aziende erano già libere di licenziare più o meno a piacimento con la scusa delle ristrutturazioni e l'ombrello della cassa integrazione. Ricordo che non troppo tempo fa proprio la Fiat ha chiuso l'intero stabilimento di Termini Imerese, quindi non è questo il punto.
Lorenzo, di questo non sarei così sicuro.
OK, Termini Imerese è stato "spostato" in Serbia e in qualche modo la Sicilia sta cercando di far ricollocare i dipendenti, ma quante di queste "mega operazioni" potranno essere ancora assorbite senza scatenare rivolte ?

A mio avviso la facilitazione dei licenziamenti individuali, più che consentire alle imprese di 15 dipendenti l'assunzione del 16° a cuor leggero, consente alle grandi la "serenità" di potersi ridimensionare senza tante eco sui mass media.

bigboy60 ha scritto:
Grandi indistriali del passato, da Olivetti ad Henry Ford, non credo rproprio che condividerebbero questa visione.
Credo che neanche Agnelli la condividerebbe...
Il fatto è che Marchionne, con la politica dell'utile subito a qualsiasi costo, è riuscito a tirar fuori la FIAT dal disastroso accordo con la General Motors e a far galleggiare, dopo la fine degli incentivi statali italiani, in qualche modo il gruppo con l'annessione della Crysler.
Il mio timore è che ormai sia alla frutta e che questa riforma contribuirà sì a ritardarne il tracollo in Italia, ma che quando ci sarà, sarà un tracollo totale e disastoso.

Luigi Cartello


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 Oggetto del messaggio: Re: Riforma del lavoro
MessaggioInviato: domenica 1 aprile 2012, 20:04 
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Iscritto il: domenica 3 gennaio 2010, 20:36
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Località: la citta' della 3 t: torri, tortellini e ...
Credo che non sia la Fiat che ha annesso la Chrysler, ma la Chrysler cha ha conglobato la Fiat.
Noi la pensavamo all' inverso, ma Marchionne, evidentemente no.

Comunque il tracollo di Fiat in Italia sarebbe senz' altro drammatico dal punto di vista dei posti di lavoro persi, ma non così traumatico per l' intero settore automotive.
L' automotive e' un immenso comparto industriale che comprende settori merceologici estremamente diversi.
Un' auto e' composta da moltissime parti, che vengono prodotte prevalentemente in outsourcing e che vengono poi assemblate dai costruttori di auto.
Di fatto, dal punto di vista della produzione, i costruttori di auto sono degli assemblatori.
Gia' da tanto i produttori italiani di componenti, anche grandi gruppi come Magneti Marelli ( gruppo Fiat ), producono per tutti i costruttori di auto.
Idem i costruttori italiani di macchine ed impianti per l' automotive.
Per loro che Fiat non produca piu' in Italia farebbe poca differenza.

La differenza, secondo me, e' che l' automobile ha un elevato contenuto tecnologico in svariati settori e non progettare e non produrre piu' auto in Italia significherebbe perdere conoscenze e competenze tecnologiche.
L' automobile, anche se meno rispetto al passato, contraddistingue le produzioni industriali dei paesi avanzati da quelle dei paesi arretrati.
Perdere quel settore significherebbe un ulteriore arretramento di competitivita' del sistema paese.

E dopo che ci rimarrebbe ?
La chimica di base l' abbiamo persa, l' elettronica / informatica pure, le grandi costruzioni di edilizia civile anche, il nucleare l' abbiamo abbandonato, il tessile l' ha fagocitato la concorrenza cinese, la cantieristica navale e' in crisi perenne.
Tutti settori in cui eravamo all' avanguardia nel mondo fino agli anni '70 o '80.
Ci rimarrebbero moda, turismo, costruzione di macchinari per l' industria e industria alimentare.
Ho dimenticato qualcosa ?
Bastano questi pochi settori per dare da mangiare a 60 milioni di persone ?
A me sa' di no...

Saluti
Stefano.


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 Oggetto del messaggio: Re: Riforma del lavoro
MessaggioInviato: domenica 1 aprile 2012, 20:14 
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Iscritto il: domenica 14 marzo 2010, 16:45
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Stefano, tu credi che non ci siano arrivati o, meglio, non l'hanno sempre saputo?
Da più parti sento insoddisfazioni profonde, non solo quì sul forum, ma in modo alquanto generalizzato, che potrebbero sfociare veramente in qualcosa di spaventoso, tipo tagliare teste. Salvo poi scoprire di aver sbagliato teste. Questo purtroppo è l'insegnamento della storia.
L'unica rivoluzione che è riuscita, in un certo senso, è quella francese, ma forse è riuscita perché i rivoluzionari, dopo aver tagliato le teste che pareva a loro, dopo hanno cominciato a tagliarsele fra di loro.


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 Oggetto del messaggio: Re: Riforma del lavoro
MessaggioInviato: domenica 1 aprile 2012, 21:03 
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Iscritto il: lunedì 4 febbraio 2008, 18:29
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tof63 ha scritto:
Lorenzo, di questo non sarei così sicuro.
OK, Termini Imerese è stato "spostato" in Serbia e in qualche modo la Sicilia sta cercando di far ricollocare i dipendenti, ma quante di queste "mega operazioni" potranno essere ancora assorbite senza scatenare rivolte ?
Beh, neanche io sono sicuro: se potessi prevedere il futuro sarei miliardario!
Mi limito solo ad osservare che se una grande azienda vuole può chiudere siti produttivi come e quando le pare, con o senza questa riforma del lavoro.
Vale per Fiat con Termini Imerese, vale per l'Alcoa in Sardegna, vale per la Fincantieri, vale anche per Intesa ed Unicredito...
Una grande azienda che ha per mercato il mondo intero e che ha concorrenti agguerriti all'estero non può permettersi di mantenere in vita siti non produttivi o poco produttivi, pena la morte dell'azienda stessa e la chiusura anche dei siti produttivi. Contano quindi decisamente poco le eventuali rivolte, con o senza i mass-media perché:
1) se va male è il sito produttivo in chiusura che aumenta la velocità della sua chiusura, per il resto della produzione invece non cambia nulla
2) il mercato della grande azienda è il mondo, anche eventuali ritorsioni da parte del paese dello stabilimento chiuso, sempre che siano possibili senza trasformarsi in un boomerang nei confronti del paese stesso, sono comunque un'inezia rispetto al resto del mercato globale
3) se va bene si ottengono sovvenzioni a fondo perduto (l'unica vera capacità che riconosco ad Agnelli è proprio quella di essere sempre stato bravo a "piangere" nel momento giusto e con le persone giuste, perché per il resto secondo me è stato un PESSIMO ESEMPIO di come dovrebbe essere un industriale)
4) in ogni caso il trasferimento di sede sociale è un'operazione che nell'era di Internet può essere fatto in un batter d'occhio: nuovo paese, nuove regole da seguire e l'articolo 18 se ne va a quel paese in ogni caso.
Per le aziende un po' più piccole invece queste possibilità non ci sono. E' per questa ragione che sono portato a pensare che i più a rischio da questa riforma siano proprio i dipendenti delle aziende di medie dimensioni.

tof63 ha scritto:
Il fatto è che Marchionne, con la politica dell'utile subito a qualsiasi costo, è riuscito a tirar fuori la FIAT dal disastroso accordo con la General Motors e a far galleggiare, dopo la fine degli incentivi statali italiani, in qualche modo il gruppo con l'annessione della Crysler.
Il mio timore è che ormai sia alla frutta e che questa riforma contribuirà sì a ritardarne il tracollo in Italia, ma che quando ci sarà, sarà un tracollo totale e disastoso.
Marchionne è un volpone: quanto a capacità finanziaria è decisamente un genio. Mi sembra molto meno portato all'attività industriale, o almeno qui in Italia non ha ancora dato prova di capacità in tal senso. Il fatto che tifi apertamente per la riforma così come l'ha voluta la Fornero tutto sommato non mi stupisce: più o meno è il "timbro di garanzia" sul nuovo contratto imposto ai dipendenti Fiat con i famosi referendum. Il passo successivo di questa riforma secondo me sarà proprio l'abolizione o quantomeno un indebolimento del contratto nazionale di lavoro, almeno per quello che riguarda la parte economica, proprio per arrivare alla situazione che "prevedevo" nei miei due post precedenti.
Quanto al tracollo, se gli USA riescono a ripartire davvero, allora anche Chrysler ripartirà, per di più con molte tecnologie "made in Fiat" arrivate a titolo gratuito. A quel punto, visti i numeri di Chrysler e visti quelli di Fiat, anche se Fiat crollasse credo che allo stesso Marchionne interesserebbe ben poco dato che "i numeri" li farebbe comunque al di fuori dei nostri confini proprio con Chrysler. In questo malaugurato caso di Fiat rimarrebbe il marchio e forse qualche sito produttivo che però a questo punto sarebbe popolato da manodopera a basso costo, non dico sul modello cinese ma quello est-europeo sì.

Questa è naturalmente la versione più pessimistica possibile: non è detto che con un qualche miracolo la situazione ricominci a migliorare anche qui in Italia. Il primo passo è quello di rendersi conto che al momento manteniamo almeno un paio di milioni di persone che in un qualsiasi paese normale dovrebbero essere messi di fronte alla scelta tra lavorare (sul serio) o morire di fame in mezzo ad una strada.

Ciao,
Lorenzo


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 Oggetto del messaggio: Re: Riforma del lavoro
MessaggioInviato: domenica 1 aprile 2012, 21:09 
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Certo che se uno vede le cose con un certo distacco pragmatico, le cose stanno proprio come dice Lorenzo. Speriamo davvero in qualche miracolo!


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 Oggetto del messaggio: Re: Riforma del lavoro
MessaggioInviato: domenica 1 aprile 2012, 21:16 
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Iscritto il: lunedì 4 febbraio 2008, 18:29
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bigboy60 ha scritto:
Ci rimarrebbero moda, turismo, costruzione di macchinari per l' industria e industria alimentare.
Ho dimenticato qualcosa ?
Anche moda ed industria alimentare un pezzettino alla volta stanno emigrando: soprattutto in Francia.
In compenso noi abbiamo una sterminata quantità di aziende piccolissime e dinamicissime (nei limiti delle loro limitate capacità finanziarie) che se riuscissero finalmente ad uscire da questa maledetta sindrome da nanismo, unendosi tra loro e "facendo sistema" per aggredire i mercati esteri potrebbero essere davvero una riserva gigantesca di nuova produttività e ricchezza per il nostro paese. Purtroppo invece perdura la malattia del 15° dipendente, guardacaso il limite stabilito dall'ex articolo 18. A questo punto forse questa riforma potrebbe davvero servire da stimolo per la crescita di queste imprese ora che questo limite è stato abbattuto. Certo che con questo livello di tassazione anche queste riforme servono comunque a ben poco...

Ciao,
Lorenzo


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 Oggetto del messaggio: Re: Riforma del lavoro
MessaggioInviato: domenica 1 aprile 2012, 21:50 
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Hai ancora una volta colto nel segno Lorenzo. Alcuni miei clienti per non superare il 15° dipendente hanno preferito costutuire una nuova ditta da affiancare alla esistente e dividere i dipendenti tra le due.
Per quanto riguarda la crescita, questo è un argomento che mi richiede un pò di tempo per esporlo, ma appena mi sarà possibile cercherò di evidenziare alcuni punti cruciali del problema. Posso anticipare però che alla fine è tutta una questione di pesanti ingerenze politiche locali.


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 Oggetto del messaggio: Re: Riforma del lavoro
MessaggioInviato: lunedì 2 aprile 2012, 9:11 
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Come mai il tessuto produttivo italiano è costituito da piccole aziende di tipo familiare? Il motivo vero c’è e non è dovuto al fatto che noi italiani abbiamo questa concezione primitiva della produzione. Il motivo vero l’ho capito nel corso degli anni per esperienza personale. Dobbiamo distinguere due tipologie: quella delle microimprese, come la mia, e le piccole imprese fino agli 80-100 dipendenti.
Per quanto riguarda la mia realtà, al di là delle belle parole, non ho mai avuto la possibilità di accedere a qualunque tipo di facilitazioni per il semplice fatto che ciò che ci contraddistingue è il lavoro, che impegna tutti ogni giorno in modo pieno ed esclusivo e non c’è quindi il tempo materiale per dedicarsi alle “carte”, ai perditempo nelle banche e nei vari enti preposti a queste cose. Esistono, certo, delle organizzazioni private che si interessano di fare queste cose per te, ma quando sentono l’ammontare degli investimenti tipici dei laboratori di artigianato, che raramente arrivano ai 50mila euro, ti ridono in faccia.
Per quanto riguarda invece quelle con 80-100 dipendenti, quando cercano di “attraversare il rubicone” e proiettarsi verso la media impresa, allora trovano il grande ostacolo o la grande opportunità, a seconda dei punti di vista, perché si scopre che da qui in poi devi cercarti uno sponsor politico, che ti introduce nel potere del credito bancario e finanziario. Ma questa è un’arma a doppio taglio, perché da quel momento tu non conti più niente e la tua azienda cresce nell’illegalità delle manovre politico-finanziarie. Mi è capitato di parlare a quattr’occhi con un imprenditore che si è trovato in questa situazione e che alla fine ha scelto di rimanere nella attuale posizione a cui era errivato con i sacrifici di due generazioni. “Nun voglio fà a fine e chillo strunzo di Calisto Tanzi. Hai visto com’è gghiuto a finì a storia d’a Parmalat. Chi è stato l’unico a pavà?” Non posso dargli certamente torto, ma questo fa capire come il capitalismo italiano è destinato a rimanare quello che è.


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 Oggetto del messaggio: Re: Riforma del lavoro
MessaggioInviato: lunedì 2 aprile 2012, 9:47 
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Secondo me, per esperienza personale, molte piccole imprese non sono in grado di fare il salto di qualita' per diventare medie imprese per motivi prevalentemente culturali.
In parole povere tanti imprenditori sono ottimi piccoli imprenditori del settore artigianale, ma non hanno le caratteristiche di base per diventare imprenditori della piccola e media industria.
La piccola azienda e' sostanzialmente di tipo padronale, in cui tutto il potere decisionale e' accentrato sul fondatore / proprietario o sulla sua famiglia.
Viceversa realta' piu' grandi sono complesse e richiedono che il potere decisionale venga ( in parte piu' o meno grande ) delegato e, spesso, il piccolo imprenditore non e' in grado o non intende farlo.
Spesso piccole realta' che avrebbero le potenzialita' per espandersi non ci riescono per questa sorta di limite del piccolo imprenditore.
Quello che manca, a mio avviso, e' la cultura di base del "fare impresa", per lo meno a livello medio.
In tante situazione si potrebbe ovviare alle piccole dimensioni delle aziende
mediante "consorzi" che conglobino aziende "complementari" l' una all' altra.
Anche questo e' estremamente difficile, per via dell' individualismo dell' italiano medio, che si riflette anche nell' italiano piccolo imprenditore.
A mio avviso il mondo cooperativistico emiliano romagnolo dovrebbe essere studiato piu' a fondo e potrebbe essere un modello di sviluppo alternativo.
Anche in senso economico-capitalistico, in quanto la cooperativa vive nel capitalismo, compete con le altre aziende, ma si fonda sui principi della ripartizione equa del guadagno e del reinvestimento del guadagno.
Parlo delle cooperative "vere", e non di quelle "finte", ovviamente.
Come modello ne ho in testa una che e' leader mondiale in uno dei settori in cui opera...
Saluti
Stefano.


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 Oggetto del messaggio: Re: Riforma del lavoro
MessaggioInviato: lunedì 2 aprile 2012, 10:27 
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Sono d'accordo con te Stefano. Anche di questo ho avuto esperienza. Una ventina d'anni fà uno dei miei colleghi fece la proposta di consorziarci, ma l'individualismo che ci contraddistingue fece sì che non se ne facesse nulla. E' vero che probabilmente la mentalità imprenditoriale non l'abbiamo, ma questo è limitato alle piccole imprese di cui faccio parte anche io e io stesso non mi sento di dire che appartengo a qualcosa che si può chiamare impresa. Io faccio semplicemente un lavoro e per me questo conta. Penso che questo atteggiamento sia di tutti quelli come me.
Per quelle più grandi il limite obbiettivo però è quello che ho detto sopra. Quì c'è gente con capacità imprenditoriali, ma il sistema depredatorio che c'è da noi non consente di crescere oltre un certo punto.
Una volta su una rivista del settore vidi un grafico della crescita delle aziende in italia molto significativo. C'era una linea retta da zero fino a 100 dipendenti, da questo punto in poi c'era una discontinuità e riprendeva non mi ricordo esattamente da dove, ma la differenza mi colpì molto perchè era davvero esagerata. E' possibile che nel mezzo non ci sia niente? Un motivo deve pur esserci e non credo che sia per incapacità imprenditoriali. Penso che la storia quì sia alquanto complessa e che vada studiata seriamente. Per quello che posso dire per mia esperienza personale io vedo i motivi che ho detto sopra, ma ce ne possono essere diversi altri. Non dimentichiamo che viviamo in una società completamente ingessata tra lobbies e malaffare politico. Non credo che questo non possa avere conseguenze nefaste anche dal lato crescita aziendale.


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