tof63 ha scritto:
Lorenzo, di questo non sarei così sicuro.
OK, Termini Imerese è stato "spostato" in Serbia e in qualche modo la Sicilia sta cercando di far ricollocare i dipendenti, ma quante di queste "mega operazioni" potranno essere ancora assorbite senza scatenare rivolte ?
Beh, neanche io sono sicuro: se potessi prevedere il futuro sarei miliardario!
Mi limito solo ad osservare che se una grande azienda vuole può chiudere siti produttivi come e quando le pare, con o senza questa riforma del lavoro.
Vale per Fiat con Termini Imerese, vale per l'Alcoa in Sardegna, vale per la Fincantieri, vale anche per Intesa ed Unicredito...
Una grande azienda che ha per mercato il mondo intero e che ha concorrenti agguerriti all'estero non può permettersi di mantenere in vita siti non produttivi o poco produttivi, pena la morte dell'azienda stessa e la chiusura anche dei siti produttivi. Contano quindi decisamente poco le eventuali rivolte, con o senza i mass-media perché:
1) se va male è il sito produttivo in chiusura che aumenta la velocità della sua chiusura, per il resto della produzione invece non cambia nulla
2) il mercato della grande azienda è il mondo, anche eventuali ritorsioni da parte del paese dello stabilimento chiuso, sempre che siano possibili senza trasformarsi in un boomerang nei confronti del paese stesso, sono comunque un'inezia rispetto al resto del mercato globale
3) se va bene si ottengono sovvenzioni a fondo perduto (l'unica vera capacità che riconosco ad Agnelli è proprio quella di essere sempre stato bravo a "piangere" nel momento giusto e con le persone giuste, perché per il resto secondo me è stato un PESSIMO ESEMPIO di come dovrebbe essere un industriale)
4) in ogni caso il trasferimento di sede sociale è un'operazione che nell'era di Internet può essere fatto in un batter d'occhio: nuovo paese, nuove regole da seguire e l'articolo 18 se ne va a quel paese in ogni caso.
Per le aziende un po' più piccole invece queste possibilità non ci sono. E' per questa ragione che sono portato a pensare che i più a rischio da questa riforma siano proprio i dipendenti delle aziende di medie dimensioni.
tof63 ha scritto:
Il fatto è che Marchionne, con la politica dell'utile subito a qualsiasi costo, è riuscito a tirar fuori la FIAT dal disastroso accordo con la General Motors e a far galleggiare, dopo la fine degli incentivi statali italiani, in qualche modo il gruppo con l'annessione della Crysler.
Il mio timore è che ormai sia alla frutta e che questa riforma contribuirà sì a ritardarne il tracollo in Italia, ma che quando ci sarà, sarà un tracollo totale e disastoso.
Marchionne è un volpone: quanto a capacità finanziaria è decisamente un genio. Mi sembra molto meno portato all'attività industriale, o almeno qui in Italia non ha ancora dato prova di capacità in tal senso. Il fatto che tifi apertamente per la riforma così come l'ha voluta la Fornero tutto sommato non mi stupisce: più o meno è il "timbro di garanzia" sul nuovo contratto imposto ai dipendenti Fiat con i famosi referendum. Il passo successivo di questa riforma secondo me sarà proprio l'abolizione o quantomeno un indebolimento del contratto nazionale di lavoro, almeno per quello che riguarda la parte economica, proprio per arrivare alla situazione che "prevedevo" nei miei due post precedenti.
Quanto al tracollo, se gli USA riescono a ripartire davvero, allora anche Chrysler ripartirà, per di più con molte tecnologie "made in Fiat" arrivate a titolo gratuito. A quel punto, visti i numeri di Chrysler e visti quelli di Fiat, anche se Fiat crollasse credo che allo stesso Marchionne interesserebbe ben poco dato che "i numeri" li farebbe comunque al di fuori dei nostri confini proprio con Chrysler. In questo malaugurato caso di Fiat rimarrebbe il marchio e forse qualche sito produttivo che però a questo punto sarebbe popolato da manodopera a basso costo, non dico sul modello cinese ma quello est-europeo sì.
Questa è naturalmente la versione più pessimistica possibile: non è detto che con un qualche miracolo la situazione ricominci a migliorare anche qui in Italia. Il primo passo è quello di rendersi conto che al momento manteniamo almeno un paio di milioni di persone che in un qualsiasi paese normale dovrebbero essere messi di fronte alla scelta tra lavorare (sul serio) o morire di fame in mezzo ad una strada.
Ciao,
Lorenzo