avevo promesso di raccontare un’altra storia, quella del caso in biologia, ma mi sono accorto che non è facile. Se dovessi cominciare daccapo uscirebbero una ventina di pagine e non mi sembra quì il “caso”

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Posso solo prenderla molto alla larga, suggerendo qualche lettura di approfondimento.
Il concetto di “caso” all’origine della vita si può far risalire al libro di Jaques Modod “il caso e la necessità” che fece molto scalpore negli anni settanta. Il concetto poi è stato ripreso e utilizzato in varie accezioni da diversi biologi importanti, sebbene molti altri, dello stesso spessore scientifico, non l’abbiano mai accettato come componente dell’evoluzione. In questo senso si trovano su fronti opposti R. Dawkins e S. Gould. Dawkins, in particolare, secondo me, è quello che si è affermato al più vasto pubblico perché si è inserito nelle discussioni su “dio esiste, dio non esiste”, facendo le sue fortune editoriali su un argomento che in realtà non ha nulla di scientifico. Queste discussioni, anzi vere e proprie diatribe, durano dai tempi di Darwin. Questo grande scienziato e pensatore ha semplicemente scoperto l’evoluzione e che questa procede per selezione naturale. E questa è scienza. Poi ebbe la dabbenaggine di dire alla moglie:”cara ho scoperto che dio non ci azzecca niente con i viventi e con l’uomo”, frase che fu interpretata come: “cara, ho scoperto che dio non esiste”. Da allora certi biologi invece di fare i biologi fanno gli alfieri di dio (i creazionisti) e certi altri gli alfieri del caso (i neodarwinisti alla Dawkins). Tutto questo evidentemente non ci interessa. Chi volesse leggere le corbellerie di Dawkis sul caso può leggere “Il gene egoista” e “L’orologiaio cieco”. In tutti e due, all’inizio, egli vi racconta come gli atomi si incontrano per caso a formare molecole e le molecole a formare oggetti e come nel corso del tempo dell’evoluzione della terra questi incontri casuali hanno formato molecole sempre più complesse fino ad arrivare alla formazione dei geni e quindi alla organizzazione cellulare. Nel secondo, poi, per dare una parvenza di fattibiltà al suo modo di vedere, dice che egli ha fatto la prova al computer usando un programma che mette casualmente di fila le lettere dell’alfabeto, per vedere in quanto tempo una sequenza casuale di lettere può dare origine alle prime parole della divina commedia. Egli dice, e possiamo crederci, che è stata questione di pochi minuti. Da ciò egli deduce che è solo questione di tempo ottenere l’intera divina commedia da sequenze casuali di lettere.
La divina commedia così ottenuta sarebbe, nelle intenzioni di Dawkins, la metafora biologica della formazione casuale di una cellula. Si può obbiettare facilmente a questa sua geniale trovata che le sequenze di lettere della divina commedia non hanno nulla di diverso da tutte le altre sequenze casuali e che se hanno un senso è perché il senso gliel’ ha dato Dante prima e poi noi ogni volta che la leggiamo e l’energia che spende il computer per fare le sequenze della divina commedia è la stessa di qualsiasi altra sequenza casuale. La cellula invece è una struttura ad altissima organizzazione interna di cui la termodinamica non consente il verificarsi casuale, perché presuppone una struttura in cui si ha diminuzione di entropia. La termodinamica e la meccanica statistica ci insegnano che un sistema qualsiasi altamente organizzato procede inevitabilmente verso la disgregazione con aumento dell’entropia fino ad un massimo, in cui ci si ritrova con i componenti molecolari inerti. Insomma, se tutto è lasciato al caso, la fisica ci insegna che è naturale la morte e la disorganizzazione, non la vita e il suo altissimo grado di complessità: dice il contrario di Dawkins.
Altri scienziati seri, però, nell’anonimato del loro lavoro, hanno tirato fuori delle cose che solo recentemente cominciano a farsi largo come teorie scientifiche, al posto di convinzioni filosofiche più o meno personali. L’orientamento moderno sulla questione dell’origine della vita è quello dell’”autopoiesi”, scoperta da F.Varela e H.Maturana nel 1972 ed è stato accolto positivamente sia nell’ambito della biologia, sia nell’ambito della fisica dei sistemi complessi. Il concetto di autopoiesi si inserisce in un programma più vasto, che ingloba esseri viventi e pianeta terra, denominato “sistema di Gaia”. Questo programma è stato iniziato dalla biologa americata Lynn Margulis, recentemente scomparsa. Ma è portata avanti attualmente da numerosi scienziati internazionali di varia estrazione culturale. Per quanto riguarda l’autopoiesi, importanti esperimenti sono stati compiuti dal nostro scienziato Pier Luigi Luisi, di cui mi onoro di essere amico da alcuni anni, nei laboratori del Max Plank Institute.
Come si inseriscono poi in tutta questa storia le ricerche di Preparata, potrebbe essere argomento di un’altra storia, ma non sarebbe facile come questa per l’osticità degli argomenti. Per chi volesse ripercorrere storicamente le fasi di queste conquiste scientifiche, sia in fisica che in biologia, può leggere “La rete della vita” di F.Capra. Questo però non è un libro proprio divulgativo, presuppone qualche conoscenza un po’ più avanzata di fisica e di matematica. Libri più facili ancora non mi è stato possibile vederli, ma se qualcuno di voi fa ricerche sul web sui nomi che ho citato, troverà spiegazioni e approfondimenti molto interessanti.