aesse61 ha scritto:
carrello semirigido a 4 assi con l'andamento planimetrico delle linee italiane.
Ma l'esperianza del E326 e della E428 non ha insegnato niente?
se si deve photoshoppare dei farlocchi, almeno che siano credibili
a quando una E652 a 32 assi e 8 carrelli con cassa rigida?
No, no, la 381 non era destinata alle deboli rotaie delle linee ordinarie FS. Mi secca un po' ripetere cose note a tutti, ma lo faccio per coloro i quali (pochi) non conoscono la storia.
Nel 1961 si fusero (è il caso di dire

) l'Italsider e la Cornigliano Spa, le maggiori imprese siderurgiche italiane. La Finsider - che controllava il gruppo e che era a sua volta di proprietà dell'IRI - progettava già il polo di Taranto, che sarebbe stato inauguato nel 1965. Nelle magnifiche fantasie dei grandi dirigenti del tempo, la produzione dell'acciaio tarantino avrebbe raggiunto quantità tali da giustificare una linea ferroviaria dedicata quasi esclusivamente al trasporto dei lavorati, con destinazione i porti dello Ionio. Il modello era la grande ferrovia svedese delle LKAB, con i dovuti adattamenti al contesto (in particolare politico e burocratico...) dell'Italia meridionale.
Come già successo in altre circostanze - e come si sarebbe poi rivisto per le tristi E491-492 - si cominciò dalla coda, cioè dalla locomotiva. Ovviamente diesel, ovviamente enorme, ovviamente costruita con parti ed esperienze di macchine esistenti. Data la massa prevista per i treni - 4000 t - ci si sentì liberi dalle costrizioni di peso assiale che hanno sempre condizionato la progettazione del materiale motore in Italia: ne venne fuori un leviatano da 166 t e 5000 CV, con 16 motori elettrici disposti su due carrelli a quattro assi alimentati da due enormi generatori (di cui al momento non ricordo nè potenza nè costruttore, vorrete perdonarmi).
La fine della storia è nota: non fu realizzata nessuna grande ferrovia industriale, e la locomotiva venne immediatamente accantonata dopo aver schiantato diversi scambi nelle sue prime, timide uscite di collaudo. L'acciaio con cui venne costruita faceva già parte di altri lavorati quando, nel 1983, esplose la crisi della siderurgia italiana.